sabato 30 luglio 2011

solidarietà con i migranti: chiediamo la chiusura del centro di Mineo

foto di Alberta Dionisi














Sin dal primo giorno in cui fu avanzata, con grande impiego di mezzi propagandistici, l'idea di concentrare a Mineo richiedenti asilo da tutta Italia, abbiamo denunciato il carattere devastante, affaristico e razzista del progetto. Grandi quantità di denaro pubblico sono state dirottate nelle casse di una grande azienda per un complesso abitativo, altrimenti inutilizzabile e si è realizzato un centro di segregazione, le cui caratteristiche appaiono di giorno in giorno inaccettabili, foriere di problemi drammatici e di ulteriori speculazioni. Quindi è necessario, come chiedono le associazioni antirazziste e le forze più avvedute del territorio, chiudere rapidamente il centro di Mineo, porre fine all'alimentazione di affari privati con denaro pubblico, realizzare reali politiche di accoglienza.

Luca Cangemi
coordinamento nazionale Federazione della Sinistra

giovedì 28 luglio 2011

solidarietà con i migranti in lotta a mineo - raccolta indumenti e incontro interetnico

RACCOLTA DI INDUMENTI ESTIVI FEMMINILI,
DIZIONARI TASCABILI INGLESE/ITALIANO E FRANCESE/ITALIANO,
LIBRI IN INGLESE O FRANCESE

Continua la raccolta a sostegno dei migranti. Sono stati esplicitamente richiesti soltanto i generi indicati sopra, che saranno distribuiti a Mineo sabato pomeriggio.
Chi volesse contribuire può portare indumenti femminili estivi, vocabolari e libri:
oggi, giovedì 28 luglio, dalle 17 alle 19, e sabato 30 dalle 11 alle 12, presso il PdCI/FdS, via Paternò, 19, Catania
domani, venerdì 29 luglio, dalle 17 alle 19, presso il Circolo Città Futura PRC/FdS, via Gargano, 37, Catania



Solidarietà con i migranti in lotta a Mineo per il diritto d'asilo

La Rete Antirazzista catanese ha nei giorni scorsi lanciato una campagna nazionale per la chiusura del Cara di Mineo. Il nostro appello fa seguito a mesi di monitoraggio e di denuncia delle condizioni di vita dei richiedenti asilo ospitati nel villaggio della solidarietà.
La protesta di oggi , che ha visto numerosi feriti fra i manifestanti, l’esplosione della rabbia della comunità africana che registra un altissimo numero di dinieghi fra i richiedenti asilo provenienti dalla Libia, confermano le nostre analisi: il Cara di Mineo non è il centro modello per richiedenti asilo, il fiore all’occhiello del governo italiano nel campo dell’accoglienza ai migranti; al contrario è un luogo di sofferenza dove quasi 2000 richiedenti asilo vivono in una condizione di totale isolamento, nell’incertezza più assoluta sul proprio futuro. La carenza di mediatori culturali, la difficoltà a contattare dei legali e ad avere informazioni circa le richieste di asilo prodotte, i tempi lunghissimi della commissione esaminatrice, hanno prodotto un clima di esasperazione e di conflittualità anche interna sfociato nella protesta odierna.
E’ necessario restituire condizioni di vita dignitose ai migranti di Mineo.
CHIUDERE IL VILLAGGIO DELLA « SOLIDARIETA' » IN TEMPI RAPIDI E' POSSIBILE.
Intanto deve essere garantito a quanti desiderano farlo, e ne hanno la possibilità, di domiciliare la loro pratica di richiesta d'asilo presso un legale; facendo appello poi alle amministrazioni locali, alle forze politiche e alle associazioni antirazziste e solidali per attivare e moltiplicare l'esperienza degli SPRAR sul territorio calatino e non solo.
E’ possibile attivare percorsi virtuosi di accoglienza e di reale inserimento sociale persino risparmiando: 20-23 euro al giorno per rifugiato a fronte del contributo oscillante dai 40 ai 52 euro che il governo versa agli enti che gestiscono i CARA (a Mineo, fino al 30 luglio, la Croce Rossa Italiana, ente individuato del governo senza l'indizione di un bando pubblico; nulla fa pensare che andrà meglio con la subentrante Protezione Civile).
Il modello di esclusione e di emarginazione del CARA di Mineo non ha motivo di esistere se non per dipingere i richiedenti asilo, costretti a fuggire dai loro paesi, come un'emergenza nazionale tale da giustificare la militarizzazione del territorio e la gestione clientelare delle risorse.
Facciamo appello alle popolazioni calatine a non farsi travolgere dalle psicosi xenofobe, le giuste proteste dei richiedenti asilo sono causate dall'irresponsabile, clientelare e razzista gestione del Cara di Mineo, le guerre fra poveri ( fra migranti di diverse nazionalità e fra migranti e popolazione locale) non fanno che il gioco di chi ci governa tagliando le spese sociali per dilapidare enormi risorse pubbliche per militarizzare sempre più i nostri territori e per nuove micidiali guerre coloniali.
Sabato 30 luglio dalle 17,30 alle 19,30, di fronte al villaggio degli aranci a Mineo
Incontro Interetnico con i migranti 

assistenza sanitaria con un’equipe di medici della LILA

mercoledì 27 luglio 2011

scuola: tra tagli e discriminazioni, si profila una drammatica riapertura
















Appare sempre più chiaro come si stia preparando, per il prossimo settembre, una drammatica riapertura delle scuole nella provincia di Catania. Il cosiddetto piano assunzioni, annunciato con grande clamore propagandistico dal governo, non avrà in concreto nessun effetto sul nostro territorio, che continuerà a scontare l’onda lunga dei tagli.
L’operazione del governo tenta da un lato di evitare una nuova ondata di proteste, mettendo sul piatto un po’ di assunzioni, comunque largamente insufficienti rispetto alle necessità fisiologiche del sistema scolastico nazionale; dall’altro rafforza i meccanismi discriminatori della scuola meridionale, per cui i nuovi posti saranno destinati in gran parte alle regioni del nord.
Il vero obiettivo è l’attacco al contratto nazionale di lavoro, colpito stabilendo regole discriminatorie per i neoassunti, che si sommano alle penalizzazioni imposte con l’ultima manovra a tutto il personale della scuola. Sono previste, inoltre, nuove manovre contro le graduatorie: non solo non ci sarà nessuna stabilizzazione del precariato, ma assisteremo ad un forte aumento del personale di ruolo perdente posto e destinato ad un incerto futuro. A ciò si aggiungeranno gli effetti imprevedibili del nuovo dimensionamento degli istituti.
Il caos d’inizio anno scolastico è assicurato.
E’ necessaria una forte ripresa della mobilitazione per imporre una nuova linea sulla scuola, che curi seriamente le ferite provocate da tre anni di tagli, concentrati per il 90% nelle regioni meridionali, che affronti i nodi strutturali (come la dispersione scolastica), che offra serie garanzie di stabilizzazione del precariato, che ricostruisca un quadro di diritti per i lavoratori e le lavoratrici della scuola.

Luca Cangemi
Segretario circolo PRC/FdS “Olga Benario”

territorio bene comune: una riflessione su governo della città e questione morale



















di Alberto Rotondo

Mi capita spesso di andare a Sesto San Giovanni, da un po’ di tempo infatti mia sorella è emigrata in Lombardia alla ricerca di un lavoro per mantenere la sua famiglia. Chiunque arrivi a Sesto, e in special modo chi conosce la storia del distretto produttivo più importante di Italia, del ruolo che ha giocato durante la lotta di Liberazione e dei fasti che ha vissuto nel periodo della ricostruzione postbellica, rischia di vivere un’esperienza straniante.
Azzardo un paragone ardito: è come passeggiare fra le rovine di Roma antica qui e là riaffioranti nel caos della moderna metropoli. Tali appaiono gli edifici di Via delle Acciaierie, con la classica struttura dell’edilizia operaia del tempo, una corte centrale e tanti appartamenti che vi si affacciano dai ballatoi soprastanti: non è difficile immaginare i vincoli di solidarietà che legavano i loro abitanti, solidarietà favorita dal vivere i medesimi luoghi al lavoro e nel tempo liberato dal lavoro, a prezzo di tante lotte e tanti sacrifici.
Sollecitano la nostalgia i pesanti tendaggi di velluto rosso della biblioteca comunale, il museo del lavoro operaio, la pagoda rosso fiammeggiante del municipio e le targhe che ci ricordano le prime società di mutuo soccorso operaio. Ci parlano di una civiltà che non esiste più, proprio come le rovine di Roma antica, soltanto che il tramonto della civiltà operaia si è compiuto più in fretta.
Chi volesse avere conferma delle conseguenze della globalizzazione non ha che da fare una visita da quelle parti: oggi Sesto San Giovanni è inglobata in quella “città infinita” che dalla periferia Nord di Milano si estende fino in Brianza e oltre; una città attraversata da bretelle e scorrimenti veloci, i cui punti di riferimento sono i tanti centri commerciali in cui sono stati convertiti gli insediamenti industriali in disuso e le aree dismesse su cui già si sono indirizzate le mire degli speculatori.
Ho pensato a queste immagini, leggendo della vicenda di Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni e presidente della provincia di Milano, sotto inchiesta per tangenti legate alla riconversione delle aree dell’ex acciaieria Falck. Credo che questa storia vada presa ad esempio di come negli ultimi anni si sia affermata, nella gestione degli enti locali, un’ideologia perversa che ha portato all’abbandono di ogni partecipazione popolare al governo del territorio urbano e ad una passiva accettazione delle trasformazioni a cui è stato sottoposto dalle dinamiche del turbocapitalismo contemporaneo.
Mentre sono stati tagliati sempre più i trasferimenti dalle istanze centrali di governo agli enti locali, si è affermata quella “privatizzazione della pubblica amministrazione” che ha modernizzato in senso regressivo principi e istituzioni consolidati del diritto pubblico, costringendo gli enti locali a negoziare con i privati gli strumenti urbanistici di governo del territorio, anziché farne oggetto di una pianificazione democratica e partecipata. È tutto un fiorire di “accordi di programma”, di “edilizia convenzionata” in cui lo scambio immorale tra interesse pubblico e interesse privato riceve un riconoscimento giuridico, mentre nell’ombra restano gli aspetti più inquietanti e criminali del patto corruttivo sottostante.
A Catania c'è un’evidente asimmetria tra l’espansione abnorme delle aree commerciali che hanno fagocitato immense aree del territorio circostante la città e la stagnazione dell’economia, un chiaro sintomo della provenienza illecita dei capitali coinvolti.
Ancora, nei giorni scorsi il consiglio comunale ha approvato il bilancio consuntivo del 2010, da cui risulterebbe un avanzo di gestione di svariati milioni di euro. Non occorre avere studiato contabilità per rendersi conto che c’è qualcosa che non quadra; non bastano i trucchi ragionieristici di una classe politica infame a nascondere la realtà di un dissesto economico che ha portato la città al disastro sociale. Va fatta luce su come è stato amministrato il Comune e sulle reali entità del dissesto ereditato dalla giunta Scapagnini e sapientemente occultato da Stancanelli.
Il territorio che abitiamo è un bene comune, bisogna sottrarlo alle logiche criminali della borghesia affaristica e mafiosa locale e restituirlo ai cittadini, a partire dai beni sequestrati alla criminalità organizzata e pronti per un loro riutilizzo sociale.

martedì 26 luglio 2011

26 luglio 1953, nasce il movimento rivoluzionario a Cuba















Il 10 marzo 1952, a Cuba, Fulgencio Batista, con il beneplacito degli Stati uniti, attuò un colpo di stato per impedire lo svolgimento delle elezioni che, probabilmente, sarebbero state vinte da un partito delle forze di opposizione non gradito agli Stati uniti e al grande capitale cubano.
Nell’ala giovanile del Partito Ortodosso militava un giovane avvocato cubano, Fidel Castro, che intendeva condurre contro Batista una lotta più incisiva rispetto a quella impostata dai partiti tradizionali. Dapprima presentò al Tribunale una denuncia in cui chiedeva l’arresto di Batista perché con il colpo di stato aveva violato la Costituzione del 1940. In seguito, non avendo ricevuto risposta dai giudici asserviti al potere, essendo stata esaurita ogni via legale e constatata l’inerzia dei partiti cubani, decise di passare alla lotta. Nel 1953 ricorreva il centenario della nascita di José Martí, l’Apostolo dell’Indipendenza cubana. Ed è nel nome di Martí che Fidel Castro raggruppa 152 uomini per scacciare il tiranno e fare di Cuba una nazione veramente indipendente non schiava degli interessi nordamericani.
Questo gruppo autodenominatosi ‘Giovani del Centenario’ e formato in prevalenza da persone provenienti da La Habana, da Artemisa e da Guanajay, in gran segreto ricevette un addestramento militare nelle campagne attorno a La Habana. L’obiettivo era quello di assaltare due caserme nell’oriente di Cuba, quella di Bayamo e quella di Santiago de Cuba, e dare un segnale forte al popolo cubano: era giunto il momento di lottare, di sollevarsi e di voltare pagina.
All’alba del 26 luglio 1953, partendo dalla fattoria Siboney, a trenta chilometri da Santiago, e approfittando del termine dei festeggiamenti del carnevale e dell’effetto sorpresa, un centinaio di uomini al comando di Fidel Castro - vestiti con le stesse uniformi dei militari batistiani, con poche armi valide e molti fucili da caccia - prende d’assalto la caserma Moncada a Santiago de Cuba, la seconda per importanza nel paese con oltre mille soldati. Raúl Castro, con altri dieci uomini, occupa il Palazzo di Giustizia, la cui terrazza di fronte alla caserma può offrire una copertura di fuoco. Abel Santamaría con la sorella Haydée, Melba Hernández e altre 19 persone occupano l’ospedale per assistere i feriti dello scontro a fuoco. Nello stesso momento, a Bayamo, un gruppo di 28 assalta la caserma locale.
Una serie di contrattempi impedisce al gruppo di Fidel di portare a termine l’azione con successo: i militari, caduto l’effetto sorpresa per il passaggio imprevisto di una pattuglia, reagiscono al fuoco ed essendo in numero nettamente superiore costringono buona parte degli assaltanti alla fuga.
L’esercito perde una ventina di uomini, gli assaltanti ne perdono tre. Fidel e Raúl riescono a fuggire sui monti intorno a Santiago. Ma nelle mani dell’esercito batistiano restano 68 prigionieri, pesantemente torturati e poi uccisi. Tra di loro c’è anche Abel Santamaría.
L’avvenimento provoca una grande emozione in tutta Cuba e contribuisce alla presa di coscienza da parte del popolo cubano: per ottenere un cambiamento era necessario un modo completamente diverso di lotta, rispetto a quello dei partiti, proposto dalla mentalità ‘occidentale’.
La storia è poi nota. Fidel, Raúl e altri compagni fuggiti sui monti vengono arrestati e condannati a quindici anni di prigione. Nel processo-farsa Fidel evidenzia i crimini di Batista e l’ingiustizia del sistema vigente, pronunziando alla fine della sua difesa la famosa frase "Condannatemi, non importa, la storia mi assolverà". Dopo un paio di anni nel carcere speciale dell’Isola dei Pini (oggi Isola della Gioventù), grazie a grandi manifestazioni popolari che ne chiedono la libertà, Fidel e i suoi compagni sono mandati in esilio in Messico. Da lì riprenderanno immediatamente la lotta contro il tiranno.
Cinque anni, cinque mesi e cinque giorni dopo l’assalto alla Caserma Moncada, l’Ejército Rebelde di Fidel, di Raúl, del Che e di Camilo, libera l’Isola dalla tirannia di Batista e Cuba, per la prima volta nella sua storia, può intraprendere la costruzione di una nuova società completamente diversa dagli schemi ipotizzati dal pensiero ‘occidentale’.

(di Sergio Marinoni - Associazione nazionale di Amicizia Italia-Cuba)

sabato 23 luglio 2011

ricordo di un deportato, dedicato a Nunzio Di Francesco






















una poesia di Giuseppe Castorina: "scrissi questa poesia qualche tempo fa, in ricordo di un deportato ripostese in un campo di concentramento in Germania; oggi la pubblico in ricordo di Nunzio Di Francesco deportato in uno dei campi di Mauthausen".


Dove ho visto la neve
(Ricordo di un deportato)

Dove ho visto la neve ho lasciato il mio sorriso e qualche fiore

dove la cenere si fondeva all’aria ho lasciato il mio cuore

in quel cielo di nuvole nere di fumo, si perser le mie pupille

lavando le membra con carni de’ miei fratelli…

ma il nostro dio era anche il loro Dio?

Io non distinguevo l’aurora dal tramonto

dentro ai capannoni era sempre estate senza ritorno.

Milioni di spettri vagano fra il suono dei violini

accarezzando ancora il volto dei bambini

ma il nostro dio era il loro Dio?

Leggevo di nascosto con luce fioca

cercando risposte a quell’oblio di follia opaca

fra il confine incerto dell’incubo e la sicura realtà

mantelli di sangue coprivano speranze senza età

ma forse il mio dio non era il loro Dio.

L’inverno gelido avvolse la vita prima del tacer dei cannoni

tornò primavera sull’odore putrido della morte campione

tornò a crescere l’erba vicino i cancelli

tornò l’acqua sulla faccia ed i capelli

son invecchiato fra stanca rassegnazione e passo greve

non è tornato il sonno e non ho più visto la neve.

Ma ho capito che il mio Dio era anche il loro Dio…

venerdì 22 luglio 2011

continuiamo la battaglia di Nunzio Di Francesco















E’ morto ieri 21 luglio all’età di 87 anni Nunzio di Francesco, nato a Linguaglossa (CT), il partigiano “Athos” delle brigate Garibaldi, deportato dai nazisti nel campo di sterminio di Mauthausen. Combatté in Piemonte nelle formazioni partigiane guidate da un grande partigiano siciliano, Pompeo Colajanni.
Fino all'ultimo giorno è stato attivissimo nella difesa della memoria della Resistenza contro ogni revisionismo. La sua vita straordinaria e il suo impegno, rivolto soprattutto alle giovani generazioni, rimangono un punto di riferimento essenziale per continuare una moderna battaglia antifascista.

Luca Cangemi
segretario circolo Prc "Olga Benario"

domenica 17 luglio 2011

perché diciamo no alla manovra finanziaria del governo: contro la crisi, le nostre proposte alternative










La manovra del governo Berlusconi, votata in gran fretta, attacca i diritti sociali e i servizi essenziali: taglia la spesa pubblica per la sanità di 8 miliardi di euro ed aumenta i ticket, prevede un drastico ridimensionamento delle prestazioni assistenziali e delle indennità di accompagnamento e invalidità, colpendo diversamente abili ed anziani non autosufficienti.
Il governo continua a tagliare la spesa per la scuola pubblica, e insiste con il blocco degli  organici e l’accorpamento degli istituti; riduce l'indicizzazione  delle  pensioni  e  prevede il  futuro  aumento  dell'età  pensionabile  per  le  donne, prolunga il blocco delle assunzioni e dei salari dei dipendenti pubblici, 
Si prevedono nuove privatizzazioni dei servizi pubblici locali, negando la volontà popolare espressa dai referendum.
La parola d'ordine è "rassicurare i mercati e la finanza", "fare quello che dice l'Europa". Come se i mercati, la finanza, le scelte europee fossero oggettive leggi di natura a cui si può solo obbedire. Ma per questa via non si fa altro che ripetere le stesse ricette che hanno portato alla crisi e al disastro della Grecia. In questo modo continueranno a guadagnare gli speculatori e a pagare  le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati, i giovani, le donne.
La manovra del governo è socialmente iniqua ed economicamente recessiva.

Le nostre proposte alternative:

INVESTIRE NELLA FORMAZIONE, NON NELLA DISTRUZIONE
1. TAGLIARE LE SPESE MILITARI, riducendo gli organici dell'esercito, ritirando le truppe dall'Afghanistan, smettendo di bombardare la Libia, non acquistando i cacciabombardieri F35.
PER FARE COSA: FINANZIARE SCUOLA, UNIVERSITÀ, RICERCA E RIASSUMERE I PRECARI CHE IL GOVERNO BERLUSCONI HA LICENZIATO.

REDISTRIBUZIONE DEL REDDITO
2. TASSARE CHI NON HA MAI PAGATO. In Italia l'1% degli ultraricchi possiede una quota di ricchezza pari a quella detenuta dal 60% della popolazione meno abbiente. Con una patrimoniale sulle grandi ricchezze, la tassazione delle rendite finanziarie, dei movimenti speculativi di capitale, il contrasto vero all'evasione fiscale, si recuperano 40 miliardi di euro.
PER FARE COSA: REDISTRIBUIRE REDDITO ALLE LAVORATRICI E AI LAVORATORI, AI PENSIONATI, RIQUALIFICARE LO STATO SOCIALE E LA SANITÀ PUBBLICA.

3. DIMEZZARE GLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI, ed eliminare gli enti inutili.
PER FARE COSA: STABILIZZARE I PRECARI DEL PUBBLICO IMPIEGO.

DIFESA AMBIENTALE, ENERGIE RINNOVABILI, INNOVAZIONE
4. IMPEDIRE LE OPERE AD IMPATTO SOCIO-AMBIENTALE DEVASTANTE. Solo tagliando la Tav Torino-Lione,  il Ponte sullo Stretto, il terzo valico della Milano-Genova si recuperano 30 miliardi di euro.
PER FARE COSA: POLITICHE INDUSTRIALI INNOVATIVE PER CREARE NUOVI  POSTI  DI  LAVORO  NEL  RISPARMIO  ENERGETICO,  LE  FONTI  RINNOVABILI,  LA  MOBILITÀ  SOSTENIBILE.

5. CONTRASTARE LE DELOCALIZZAZIONI DELLE IMPRESE, obbligandole a restituire i contributi pubblici ricevuti.
PER FARE COSA: DIFENDERE I DIRITTI DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI E RIQUALIFICARE I SETTORI PRODUTTIVI INNOVATIVI E SOSTENIBILI.

per la difesa del contratto nazionale di lavoro, no all'accordo tra confindustria e sindacati


































L'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil è un brutto accordo che
interviene su tutti i temi decisivi del rapporto di lavoro: democrazia e rappresentanza, contrattazione, agibilità
sindacali ed esercizio del conflitto.
1. L'accordo non prevede in nessuna parte il voto vincolante e segreto delle lavoratrici e dei lavoratori su
piattaforme e accordi, come condizione per la validità dei contratti. Il contratto, salario, orario, condizioni
di lavoro non è nella sovranità delle lavoratrici e dei lavoratori, di coloro che quotidianamente ne subiranno
le conseguenze. L'accordo rilegittima le RSA cioè le rappresentanze non elettive ma di nomina delle
organizzazioni sindacali. Si legittima un'idea di sindacato degli iscritti, si apre la strada alla costituzione delle
RSA invece che delle RSU dove sia più conveniente per alcuni sindacati, e al rafforzamento strumentale dei
sindacati più disponibili.
2. L'accordo apre alla derogabilità del contratto nazionale di lavoro. Gli ambiti di derogabilità vengono
demandati a quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale. Ma il meccanismo complessivo messo in
campo non ne impedisce lo svuotamento e la manomissione. Laddove il contratto nazionale non prevedesse
deroghe e nella fase transitoria fino a rinnovi contrattuali che le contemplino, i contratti aziendali potranno
infatti derogare comunque quelli nazionali su " la prestazione lavorativa, gli orari, l'organizzazione del lavoro".
Si rafforza il comando dell'impresa su tempi, ritmi, condizioni di lavoro. Si mette in campo un meccanismo
che favorirà la competizione tra siti produttivi e lavoratori, la messa in discussione della coesione e della
solidarietà tra lavoratori.
3. Mentre niente si dice sul contratto nazionale, il meccanismo previsto per la validazione dei contratti
aziendali e delle deroghe, con la maggioranza semplice dei rappresentanti delle RSU (senza che venga abolita
la quota di riserva del 33%) e delle RSA (con la previsione in questo solo caso della possibilità per una delle
organizzazioni firmatarie o per il 30% dei lavoratori, di fare ricorso al referendum) non impedisce gli accordi
separati.
4. Le clausole di tregua, cioè di limitazione del diritto di sciopero previste, impediscono ad un sindacato
dissenziente l'agibilità del conflitto. Una vera e propria gabbia in cui può accadere che un sindacato che
abbia il 49% dei consensi, a fronte di un accordo non condiviso, non possa né chiamare i lavoratori e le
lavoratrici al voto, né indire uno sciopero.
L' accordo accentua la frantumazione del mondo del lavoro e la messa in competizione dei lavoratori, nel
momento in cui a fronte della crisi e delle manovre del governo e dell'Europa, è più forte la necessità della
solidarietà  tra  i  lavoratori,  per  difendersi  e  conquistare  un'altra  politica  economica.
L'accordo non raccoglie e frustra la domanda di cambiamento e di partecipazione venuta dalle elezioni
amministrative e dal referendum. Non è possibile costruire un'alternativa alle destre e al neoliberismo se
le lavoratrici e i lavoratori, non possono contare nei luoghi di lavoro, decidendo su piattaforme e accordi.

sabato 16 luglio 2011

la grande mobilitazione studentesca cilena
















Intervista, sul manifesto di ieri, a Camilla Vallejo, presidente nazionale della federazione degli studenti cileni, militante del Partito Comunista Cileno, promotrice di un grande movimento di lotta per l'istruzione pubblica.

È il volto della rivolta. Le televisioni e i media cileni e internazionali in queste settimane si contendono una sua intervista. Il governo la teme e l’opposizione la ascolta in silenzio.  
Camila Vallejo Dowing ha ventidue anni, ha «congelato» una laurea in geografia alla Universidad de Chile per dedicarsi a questo movimento che lei conosce in profondità. Da un anno è la presidente nazionale della Fech, la federazione studentesca nazionale.
Nei commenti degli opinionisti, oltre alla sua stoffa da leader, alcuni si limitano a dire che è bellissima, molti altri che oltretutto è comunista.
Lei se la ride: «Non nascondo il fatto di essere un’attivista del Pc, anzi lo rivendico. Ma se qualcuno lo usa per caricaturare il movimento, ridimensionarlo o dividerlo, significa che non capisce ciò che sta succedendo nel paese».
La raggiungiamo telefonicamente a poche ore dall’inizio della marcia, «un altro grande evento dopo quello del 30 giugno. Già siamo soddisfatti perché, dopo un primo rifiuto, abbiamo strappato alla Intendencia il percorso che avevamo scelto». Ci confida anche che la tensione con la polizia sarà inevitabile, «perché continua ad avere un atteggiamento aggressivo», come se anche da quelle parti non avessero bene capito l’onda di popolo che sta scuotendo il Cile.


Questo movimento di studenti è nuovo per il Paese. E’ di massa, trasversale, gode di grande consenso e credibilità. Qual è stata la scintilla della rivolta?

Tutto è iniziato quando abbiamo denunciato e dimostrato gli affari enormi che i grandi gruppi privati avevano costruito con questo sistema educativo, mentre le famiglie e tutti noi ci trovavamo indebitati per decenni, letteralmente strozzati. Questo credo sia stato il punto cruciale, perché la maggior parte dei cileni si è identificata. E ha cominciato a chiedersi: perché non possiamo avere un sistema pubblico che non discrimina per classe, non ci indebita e che sia di qualità? Questa domanda ha invaso le strade.

Avete presentato una piattaforma alternativa al piano del presidente e chiedete un referendum, che ricorda l’unico che si svolse qui più di vent’anni fa e che cacciò Pinochet…

Quello dell’educazione è un ambito strategico per un paese e noi chiediamo che sia garantito dalla costituzione come un bene comune. Noi abbiamo proposto un referendum, con cui lasciare scegliere ai cileni il tipo di sistema educativo. Chiediamo sia un affare di popolo, non di pochi. Abbiamo la necessità di costruire uno spazio di espressione aperta a tutti e di mettere a punto uno strumento di consultazione pubblica. Preparare questa proposta e sostenere una campagna nazionale perché si tenga la consultazione, sarà il nostro obiettivo i prossimi mesi. 

Pensi che il ministro dell’istruzione Lavín sarà rimosso?

Non so quale sia il suo futuro politico, ma certo molte voci lo danno in uscita. E anche se è un uomo potente, non credo possa sopportare una pressione come quella del movimento studentesco e uscirne indenne. 

Cosa farete se il mondo politico non accoglierà le vostre istanze?

Già ora non ascoltano. Tentano in tutti i modi di dividerci, dicono che siamo ideologizzati, tentano di reprimere o di sminuire l’ondata di dissenso sociale. È come se ci trattassero da ragazzetti, dicendoci che la ricreazione è finita. Il ministro Lavín ha anticipato le vacanze invernali e chiuso le scuole superiori, pensando pateticamente di spegnere la rabbia degli studenti. Eppure sono tutti in piazza. L’università di La Serena è occupata da quasi due mesi e quei ragazzi ormai hanno perso l’intero semestre. Una cosa mai vista. Perché sanno che ne è valsa la pena. In gioco ci sono le nostre vite. 

Fabio Bozzato
 manifesto 15 luglio 2011

mercoledì 13 luglio 2011

la finanziaria e il tradimento della democrazia















E’ passato appena un mese dalla straordinaria vittoria referendaria: il 13 giugno la stragrande maggioranza degli italiani, con il Sì ai referendum contro la privatizzazione del servizio idrico, hanno affermato il principio secondo cui esistono beni, come l’acqua, che per loro natura devono essere sottratti alla logica del profitto  e della mercificazione. Ma il significato di questa vittoria va ben al di là del pur importante risultato raggiunto, l’abrogazione del decreto Ronchi che imponeva per legge la privatizzazione della gestione del servizio idrico entro il 2011. Per la prima volta, a seguito di una straordinaria partecipazione dal basso, è stato sconfessato uno dei cardini della globalizzazione neoliberista, quel fondamentalismo del mercato che, attraverso l’ideologia e la pratica delle privatizzazioni, ha generato profonde ingiustizie sociali e generale instabilità politica ed economica, con conseguenze devastanti per le condizioni materiali di vita di miliardi di persone in tutto il mondo.
Si potrebbe dire che, a dieci anni della straordinaria mobilitazione contro il G8 di Genova, le nostre idee e le nostre previsioni hanno finalmente incrociato il sentimento e la passione della maggioranza degli italiani, dando un nuovo e, per molti versi, inaspettato slancio alle prospettive di alternativa e di trasformazione sociale.
Ma purtroppo la reazione dell’establishment politico-finanziario non è tardata a manifestarsi in tutta la sua virulenza anti-democratica e reazionaria. Ieri il ministro Tremonti, con la non belligeranza “responsabile” dell’opposizione parlamentare del Pd e dell’Italia dei Valori, ha inferto un duro colpo alla volontà popolare democraticamente formatasi con l’approvazione dei quesiti referendari. Piegandosi all’ennesimo diktat dei mercati finanziari e alla necessità di fare cassa per salvaguardare il bilancio pubblico, ha annunciato un vasto programma di privatizzazioni che coinvolgerà non soltanto le partecipazioni statali in aziende strategiche come Eni, Enel e Finmeccanica ma soprattutto le aziende municipalizzate, a cui i Comuni affidano l’erogazione di servizi pubblici essenziali come la raccolta e gestione del ciclo dei rifiuti, il servizio di trasporto urbano, le aziende che gestiscono l’erogazione del gas, ecc.
Il governo ha annunciato che, in ossequio ai risultati del referendum, non verranno privatizzate le aziende pubbliche che gestiscono i servizi idrici, ma un approssimativo esame del provvedimento dimostra come anche questa promessa sia destinata ad essere disattesa. Contrariamente a quanto avvenuto in passato, la cessione delle municipalizzate non viene imposta per legge, ma semplicemente incentivata attraverso meccanismi premiali che garantiscono un allentamento del patto di stabilità e un aumento della capacità di spesa per quei Comuni che privatizzeranno di più.
Come è noto il corretto funzionamento degli enti locali territoriali è stato in questi anni compromesso dal falcidiamento dei trasferimenti da parte del Governo centrale e dalla riduzione della capacità di spesa imposta dal patto di stabilità interna. La nuova manovra finanziaria rischia di stringere ancora di più il cappio attorno agli Enti Locali, che saranno costretti a cedere ai diktat governativi per evitare il dissesto finanziario; dunque, pur non essendovi costretti per legge, molti Comuni svenderanno le loro partecipazioni per garantire la loro stessa sopravvivenza.
Sono bastati tre giorni di sofferenza nei mercati finanziari per garantire l’approvazione di una legge finanziaria che impoverirà ulteriormente il Paese e priverà larghe fasce della popolazione delle più elementari garanzie di una vita libera e dignitosa. Si potrebbe tranquillamente affermare che la democrazia è morta, caduta sotto il peso della speculazione finanziaria e della servile acquiescenza di una classe politica delegittimata.Spetta a noi riprendere sin da subito la mobilitazione; attrezziamoci: l’autunno sarà ancora più rovente di questa estate afosa!

Alberto Rotondo

domenica 24 luglio:"questo canto che va" e cena sociale













domenica 24 luglio, dalle 20,30, il CantaStoria al circolo città futura, via gargano, 37, Catania.
Bruna D'Amico, Gabriele Famoso, Gianni Famoso, Ciccio Giuffrida in "Questo canto che va", canti popolari, sociali e di protesta.
resistiamo anche al caldo… panche all’aperto e ventilatori a soffitto, cena con cucina mediterranea e buon vino locale, angolo bar con birre, bevande fresche, gelati a prezzi popolari!




sabato 9 luglio 2011

solidarietà con le mobilitazioni in Malaysia, libertà per le compagne e i compagni arrestati

ad una recente manifestazione contro il nucleare, due dei compagni arrestati, Julius e Kumar


















Mentre in Malaysia da settimane si prepara una grande mobilitazione contro il regime del partito nazionalista, che tenta di reprimere ogni movimento anticapitalista e ha dichiarato illegale il partito comunista, come sempre l'informazione mediatica tace o, peggio ancora, giustifica la repressione: oggi il Tg1 in un breve servizio minimizzava la partecipazione di massa alla manifestazione Bersih 2.0 e affermava che le centinaia di arresti e l'uso di lacrimogeni si erano resi necessari per evitare scontri (formula ormai di rito, come per le mobilitazioni NO TAV) con una presunta contromanifestazione a favore del regime.
Già dalla fine di giugno, il 25, molti attivisti del partito socialista della Malaysia, tra cui un parlamentare, sono stati arrestati con l'accusa di voler "rifondare" il partito comunista e abbattere la monarchia e condannati senza processo a sessanta giorni di carcere.
Nei mesi scorsi abbiamo incontrato in rete uno di loro, Julius Choo Chon Kai, un compagno di poco più di trent'anni, animato da un internazionalismo appassionato, pronto a mobilitarsi per il popolo palestinese, a solidarizzare con le manifestazioni in Grecia, a sperare per gli indignados. E il suo appassionato impegno non si è limitato a cliccare su un tasto "condividi", ma a condividere la costruzione di un percorso di mobilitazione dal basso nel suo paese.
Oggi è più che mai importante diffondere l'informazione su quanto sta accadendo in Malaysia e partecipare a una campagna globale per la liberazione degli attivisti arrestati e a sostegno della campagna Bersih 2.0.

venerdì 8 luglio 2011

vacanza politica a lampedusa promossa da città felice


















Città Vicine

VACANZA POLITICA

20-27 agosto 2011

Lampedusa, villaggio “La roccia”

“Lampedusa mon amour”

Per essere presenti in quella terra di confine e sentirci vicine, vicini alle coraggiose abitanti dell’isola, a tutti quelli e quelle che rispondono all’emergenza con impegno e generosità, ma anche a chi, donne, uomini, bambini, vi arriva per necessità, come migrante, rischiando la vita in mezzo al mare, con la speranza di una vita migliore, noi delle Città Vicine abbiamo deciso di incontrarci, per la nostra Vacanza Politica annuale, a Lampedusa. L’isola, bellissima, non è solo teatro di uno degli aspetti più drammatici del mondo attuale, è anche luogo reale e simbolico dove può emergere il senso di una nuova umanità, fondata sulle relazioni.

A presto allora e per ulteriori informazioni e chiarimenti scrivete a lacittafelice@libero.it oppure a mirella_clausi@libero.it

in ricordo di salvatore novembre


































L’8 luglio è l'anniversario della morte Salvatore  Novembre, giovanissimo operaio edile, ferito e lasciato morire dissanguato a Piazza Stesicoro, nel pieno centro di Catania, durante un feroce attacco di polizia e carabinieri a una grande manifestazione.
 In quei giorni in tutta Italia si protestava contro la svolta autoritaria che il governo DC-MSI, presieduto da Tambroni stava cercando di imporre al paese. Ci furono complessivamente undici morti, fin quando Tambroni fu costretto alle dimissioni.
Un settore importante della società catanese entrò in quei drammatici giorni, da protagonista, in un grande movimento di difesa dei diritti democratici e sociali, che aprì una fase nuova della vita del paese.
Con particolare accanimento in questi decenni si è tentato di disperdere la memoria di quelle vicende, che invece dovrebbero rappresentare un punto di riferimento essenziale.
In occasione del cinquantesimo anniversario l’amministrazione comunale di Catania rifiutò il consenso all’affissione di una lapide commemorativa, sul luogo dell’uccisione di Salvatore. Ancora oggi non vi è nessun segno di ricordo e di riconoscimento della città a chi sacrificò la sua giovane vita per difendere i diritti di tutti.
Di fronte ad un simile atteggiamento riaffermiamo il nostro impegno contro la rimozione della memoria, come parte essenziale di un rinnovato impegno sociale e civile.


domenica 3 luglio 2011

queer biker: mobilità sostenibile per riprendersi la città!








Perché Queer biker ?
di Cristiano Pluchino


Inizialmente Queer biker è nato dal desiderio di andare in bici con degli amici, ma subito ho capito che non era solo questo il nostro obiettivo. Queer biker per noi è un concetto molto ampio, che racchiude in sé tanti aspetti, da quelli emotivi, all'esigenza di utilizzare un mezzo di trasporto ecosostenibile, all'occasione di socializzare, di riappropriarsi delle strade della nostra città e molto altro ancora.
Quando ero piccolo, usavo la bici sono in estate, a casa a mare di mio nonno, in città non mi era permesso, mancavano e mancano tuttora le piste ciclabili e qualsiasi altra elementare infrastruttura idonea, ed ovviamente non era il caso di lasciare un bambin* libero di scorrazzare in mezzo ad automobili, motorini, autobus; dunque durante l'inverno non desideravo altro che arrivasse l'estate per poter salire finalmente sulla mia bicicletta e sentirmi libero, con il vento sul viso, ed andare ad esplorare posti che non conoscevo.
Mio padre spesso veniva con me, e confesso che era una delle poche cose che facevamo insieme, una di quelle poche occasioni che ci univano, stare insieme e correre felici tra strade ancora non asfaltate, ridere  come se anche lui fosse piccolo come me. Amo la bici anche per questo, mi riporta  alla mia infanzia, mi fa sentire libero e più vicino a quella emotività, che crescendo molti di noi dimenticano, perché si cresce,  perché l'altro ci appare diverso da noi, una diversità dalla quale  sembra ci si debba difendere ad ogni costo, perché ci fa paura, perché non la comprendiamo.
Queer per noi vuol dire proprio questo, abbattere il muro della diffidenza rispetto all'altro che non si conosce; siamo persone, non siamo definizioni da manuale o da dizionario o, come si direbbe oggi, da wikipedia.
Molti mi chiedono che significa questo termine e se, poiché spesso lo si ritrova in contesti omosessuali, escluda coloro che non lo sono. Ma Queer non è un concetto “escludente”, per questo ci sembra importante spiegare cosa vuole significare: la traduzione letterale è “insolito”; è più che altro un termine politico, che rifiuta le categorie dell'orientamento sessuale, rappresenta chi si sente oppresso dall'eteronormatività prevalente nella cultura e nella società in cui viviamo, quindi significa andare oltre le rigide limitazioni della tradizionale interpretazione binaria dell'orientamento sessuale (omo/etero/bi-sessuale) e dell'identità di genere (maschio/femmina). Essere Queer significa buttare fuori dalla finestra queste etichette e le aspettative ad esse legate, per abbracciare il fatto che la sessualità e l’identità sono definizioni che limitano l'espressione individuale delle persone, costrette dalla società a dover dire cosa piace e cosa siamo, come se essere eterosessuale o gay-lesb-trans-transgender o altro aggiungesse o togliesse qualcosa alla nostra persona.
Ecco, per noi Queer vuol dire questo, sempre e solo persone.
All'inizio di questa nostra avventura, qualcuno ha detto “siete dei visionari”, ma noi crediamo in ciò che facciamo e crediamo nelle persone, nella loro energia, nella forza che si crea quando più persone condividono ed aprono il loro cuore.
Catania è una città molto bella, riprendiamocela tutti insieme! Ci siamo stancati di aspettare passivamente che le cose cambino, al senso di rassegnazione a cui ci siamo abituati nell’attesa che le amministrazioni vengano incontro ai nostri bisogni.
Vogliamo una città più vivibile, una città in cui un bambino come me avrebbe potuto pedalare con suo padre senza la paura di essere travolto da qualche automezzo, vogliamo una città in cui la socializzazione non passi per convenzioni imposte da mentalità piene di pregiudizi verso il prossimo, vogliamo una città nuova in cui le differenze siano fonte di ricchezza.
Per usare un banale luogo comune, “nessuno nasce imparato”; quando si impara lo si fa sempre dall'altro, da chi è differente da noi per vissuto, capace di offrirci l'opportunità di allargare la nostra visione del mondo.
Questa occasione per me è un miracolo, un miracolo che noi Queer biker vogliamo condividere con tutti voi.


venerdì 1 luglio 2011

verità e giustizia per le vittime della facoltà di farmacia





















Siamo accanto ai familiari delle vittime nella loro iniziativa, giustamente rivolta a riaccendere i riflettori sul sistematico avvelenamento da sostanze chimiche, smaltite senza alcuna cautela nei laboratori della facoltà catanese di Farmacia. Com’è noto i prezzi umani pagati da studenti e ricercatori sono altissimi, con numerose vite spezzate e decine di persone costrette a lottare quotidianamente con terribili patologie. La credibilità dell’Ateneo di Catania è azzerata dalla silenziosa accettazione, nel cuore della cittadella universitaria, di un ambiente molte volte più nocivo di un sito petrolchimico. Verità e giustizia su questa vicenda sono doverose, non solo nei confronti delle vittime e delle loro famiglie ma anche di un’intera comunità offesa da comportamenti inaccettabili.

Luca Cangemi
Segretario circolo ”Olga  Benario”

queer week: oggi e domenica le giornate lesbiche



































venerdì 1 LUGLIO:
“OMOGENITORIALITÀ”

dove: Cortile CGIL, via Crociferi 40

a che ora: dalle 19.30

Proiezione del documentario "Il lupo in calzoncini corti" di Nadia Dalle Vedove e Lucia Stano

Dibattito su maternità lesbica e omogenitorialità con intervento di una rappresentante di Famiglie Arcobaleno (Associazione di Genitori Omosessuali) e testimonianze di famiglie, coppie e singole lesbiche catanesi


domenica 3 LUGLIO:
"LESBICHE TRA PAROLE E MUSICA"

dove: Scalinata Alessi

a che ora:

ore 18,30 – Apertura installazione "Ladre di Emozioni" taccuini di viaggi simbolici lesbici

ore 19,00 – Presentazione del Quaderno Viola "Orgoglio e pregiudizio. Le lesbiche in Italia nel 2010: politica, storia, teoria, immaginari"

Presentazione a cura della giornalista e scrittrice Vincenza Tomaselli

ore 20,00 – Performance delle Donne Libro

a seguire la cantautrice Adriana Spuria presenterà il singolo Non credo tratto dal suo album Il modo di dirti le cose e il videoclip con Sara Nile

organizzazione Collettivo GODITIVE GENEROSE, STONEWALL GLBT SR e La CITTA' FELICE CT