martedì 31 dicembre 2013

il dominio delle multinazionali del farmaco e l'antropocentrismo capitalista















SULL'ANTROPOCENTRISMO DOGMATICO DI CERTI CRITICI DELL'"ANIMALISMO"

Annamaria Rivera

Come premessa, occorre dire che il caso di “Caterina e la vivisezione” appare come uno scandalo montato ad arte. Si potrebbe sospettare sia una sorta di ritorsione per la vittoria ottenuta con la chiusura di Green Hill, dopo anni di lotte, repressione e manifestazioni, anche di massa. Ricordiamo che a metà luglio il mostruoso allevamento di cani beagle, destinati a esperimenti di ogni genere in tutta Europa, con sede a Montichiari e di proprietà della multinazionale statunitense Marshall Farms Inc., è stato sequestrato e chiuso per decisione della magistratura, che ha incriminato i vertici dell’azienda.
Anche per influenza, come sembra, d’interessi assai corposi, il caso della studentessa gravemente malata, insultata in rete dagli immancabili mentecatti per aver difeso la sperimentazione su animali, è stato artificiosamente gonfiato dai media di ogni tendenza, che ne hanno stravolto il senso e le proporzioni reali, riducendolo a gossip da vacanze di Natale. Nel corso di questa blaterazione scandalistica, che parte da un presupposto indimostrabile – gli autori degli insulti virtuali sarebbero rappresentativi dell’”animalismo” – si sono perse densità e profondità dei dilemmi e della stessa elaborazione teorica dell’antispecismo. La quale ha antecedenti assai illustri: fra tutti basta citare la Scuola di Francoforte.
Pochi sono stati finora i commenti, da parte non antispecista, che si siano misurati con la complessità della questione. Si sa, è tipicamente italiano prendere la parola pubblicamente su qualsiasi tema – e su questo più che su altri – pur non avendone alcuna competenza.
Come prototipo del genere di articoli che si pretendono colti ed equidistanti, ma che scontano una conoscenza approssimativa del dibattito antispecista in partricolare, assumiamo quello del teologo Vito Mancuso: Sull’”antinaturalismo” degli animalisti, apparso il 29 dicembre scorso su La Repubblica e ripreso nella prima pagina di MicroMega online.
Per cominciare: Mancuso dà per scontato che a insultare Caterina Simonsen siano stati “gli animalisti”, mentre la sola cosa certa è che appartengono alla vasta categoria d’ imbecilli che, grazie alla volgarità dilagante e alla caduta dei freni inibitori indotta dalla rete, vomitano insulti contro chicchessia.
Il teologo si rivela alquanto ignaro degli orientamenti, teorie, dibattiti che attraversano il mondo, assai eterogeneo, degli interessati alla sorte dei non umani. Così che, non distinguendo tra zoofili, animalisti, antispecisti, infila tutti nel medesimo calderone. Dà per scontato, per esempio, che ad accomunare gli “animalisti” sia il fatto di “volere per gli animali gli stessi diritti dell’uomo”. E invece vi è una corrente antispecista, perlopiù d’ispirazione anticapitalista, marxista e/o libertaria, che rifiuta di parlare di diritti animali e pone l’accento sui processi di liberazione, riguardanti umani e non umani.
Inoltre, Mancuso attribuisce abusivamente agli “animalisti”, quale tema etico fondamentale che li caratterizzerebbe, la questione violenza/nonviolenza: dilemma serio, ma che, almeno in questo articolo, è trattato in modo discutibile, proiettando sugli altri –gli “animalisti” – una questione che è sì centrale, ma anzitutto nel suo pensiero. Di conseguenza, egli assimila, quali vittime della violenza umana, patate, cipolle, batteri, topi e primati (gli ultimi due non nominati esplicitamente, ma la sperimentazione animale, si sa, ha loro tra le vittime principali).
In realtà, se egli si fosse confrontato con qualche buon saggio, non necessariamente antispecista in senso stretto – per esempio, con L’animale che dunque sono di Jacques Derrida –, saprebbe quali siano le domande principali: gli altri animali sono capaci di gioire, soffrire, comprendere? Non sono forse essi delle singolarità irriducibili?
Altrettanto convenzionale è la concezione mancusiana dei non umani. Non per caso, tra tutti i filosofi che, almeno a partire da Montaigne, si sono posti la questione, egli cita proprio e solo Kant: ovvero colui del quale Theodor W. Adorno ha criticato l’odio e l’avversione per gli animali, e la morale priva di compassione o commiserazione.
Tra i tanti passaggi di questo articolo improntati al senso comune, la frase “A parte quella umana, nessuna specie cesserà mai di seguire l’istinto sotto cui è nata” lo è particolarmente. Da lungo tempo studiosi in vari campi, compresi gli etologi, hanno messo in discussione la nozione di istinto, ammettendo che numerose specie animali possiedano intelligenza, sensibilità, intenzionalità, singolarità, capacità di simbolizzazione e di empatia, nonché cultura: intendendo come elemento minimo basilare di quest’ultima l’attitudine a elaborare soluzioni differenziate per risolvere uno stesso problema nel medesimo ambiente.
Inoltre, l’affermazione di Mancuso “L’uomo al contrario [degli altri animali] ha imparato a poco a poco a estendere gli ideali di giustizia a tutti gli esseri umani, compresi quelli dalla pelle diversa” è contraddittoria oppure è il frutto di un lapsus grave. Egli, infatti, colloca questa frase dopo un passaggio nel quale scrive: “nessuna specie animale estenderà mai alle altre specie i diritti di supremazia che la natura lungo la sequenza della selezione naturale le ha concesso”. Forse che gli esseri umani “dalla pelle diversa” (diversa da chi?) appartengono a una famiglia altra da quella di Homo Sapiens? En passant, aggiungiamo che il teologo sembra ignorare che certi primati – si pensi   ai bonobo studiati da Frans de Waal – conoscono sentimenti e comportamenti quali altruismo, compassione, empatia, gentilezza, pazienza, sensibilità, perfino moralità, estesi anche al di là della loro specie.
In sostanza, Mancuso ripropone come universale la vecchia dicotomia natura/cultura, tipicamente occidentalocentrica, sconosciuta a tanta parte dell’umanità, che ha elaborato, invece, ontologie e cosmologie fondate sul paradigma della continuità. Questa dicotomia è stata abitualmente articolata in funzione di una serie di antitesi complementari quali innato/acquisito, eredità/ambiente, istinto/intelligenza, spontaneo/artificiale: opposizioni arbitrarie, che discendono da un’ideologia legata a una forma peculiare di razionalità – quella strumentale – che raramente si è interrogata o ha messo in questione il proprio arbitrio o la propria parzialità.
E’ proprio la razionalità strumentale – figlia del cogito cartesiano, a sua volta erede della “filiazione giudaico-cristiana, dunque sacrificalista” – che ha oggi come esito un livello tale di assoggettamento e mercificazione dei non umani che, per citare ancora Derrida,  “qualcuno potrebbe paragonarli ai peggiori genocidi”.
(il manifesto)

ANIMALISTI FANATICI E VIOLENTI - ANALISI TESTUALE DELL'ARTICOLO DI SERRA

Mario Bonica

Già dall'incipit tutto è chiaro. Dichiarazione di principio visibilmente schematica e preconcetta: Caterina è stata massacrata dai “sedicenti” animalisti, secondo quanto “pubblicizzato” a suon di fanfare su tutti i media. Sposto le virgolette dal termine animalisti a quello di sedicenti non a caso: Serra premette l’attributo sedicenti alla fatidica parola animalisti virgolettata, quasi a sottolineare la motivazione della sua solidarietà immediata a santa Caterina martire della cattiveria e della violenza dei sedicenti animalisti, che, come scopriremo con chiarezza qualche rigo dopo, sono tutti fanatici e violenti, fatta eccezione di quei pochi animalisti non estremisti… che sarebbero ovviamente quelli che amano i cani e i gatti, mangiano i maiali e indossano le mucche (come direbbe Melanie Joy)… Chi siano costoro, a scanso d’equivoci, Serra ce lo dice chiaramente quasi alla fine dell’articolo (sia pur tra parentesi, per attutire lo spessore ideologico dell’inciso): sono gli amici di slow-food, quelli dei prosciutti doc e degli allevamenti biologici, i sostenitori dell’uccisione etica e della reificazione degli esseri senzienti in merce “carne”, in quanto da fanatici moderati dello specismo negano senza ombra di dubbio che gli animali siano soggetti portatori di individualità e di diritti. Ovviamente per Serra Michele fanatico moderato dello specismo non esiste alcun dubbio che di Caterine malate come la studentessa veterinaria bolognese ce ne stanno decine e decine in giro per l’Italia, magari ricercatrici pronte a testimoniare l’esistenza di metodi di ricerca alternativi, alle quali nessun media ha dato voce fino a farlo diventare un caso nazionale. E qui davvero non si sa se ridere o se piangere: il termine “veterinaria” diviene una testimonianza di verità (non un dettaglio!), sufficiente a dimostrare che Caterina santa e martire ha ragione ad affermare che la sperimentazione sugli animali è indispensabile a salvare gli umani malati di immunodeficienza… in parole povere, mors tua vita mea!
L’unica domanda che Serra Michele riesce a porre (a se stesso) in questo contesto di miseria intellettuale è una affermazione di principio travestita ipocritamente da domanda retorica: ma perché tra i fanatici incapaci di affrontare qualunque discussione, i sedicenti animalisti occupino un posto così rilevante? Ovvero, tra tutti i fanatici del mondo, gli animalisti (sedicenti o non sedicenti) sono i più fanatici pericolosi, anche perché nella loro brutalità non sono in grado di comprendere la complessità della natura, che non è schematica né ideologica. E a questo punto si può tranquillamente sfoderare il manganello ideologico finale contro i portavoce più fanatici (ancora!) e sprovveduti del sedicente (ancora!) animalismo: quando Serra Michele li sente parlare non può fare a meno di pensare che costoro stiano creando nient’altro che un orribile tabù retrogrado e irrazionale, evidentemente da combattere e ostacolare in tutti i modi possibili, anche scrivendo articoli in cui domande retoriche e dichiarazioni di principio senza costrutto facciano entrare nella zucca del lettore già ben manipolata dai media che gli attributi da associare al termine animalismo sono, secondo il senso comune, fanatico, schematico, estremista. Un plauso al Serra Michele per il servizio reso ai sostenitori della vivisezione e delle multinazionali del farmaco e della carne, ovvero quegli “allevamenti intensivi” che lui sostiene di voler boicottare… ma senza esagerare!


sabato 14 dicembre 2013

rassegna cinemArte, speciale Derek Jarman










dopo cineletterario, una nuova rassegna dedicata all'arte e accompagnata da té, tisane e dolci, per una domenica pomeriggio di cultura e convivialità

domenica 15 dicembre ore 17,30
CARAVAGGIO
capolavoro del poliedrico cineasta
e artista Derek Jarman

domenica 22 dicembre ore 17,30
CARRINGTON
Emma Thompson interpreta l’artista Dora
nel fermento del circolo di Bloomsbury

venerdì 10 gennaio ore 18,30
THE GARDEN
a grande richiesta un altro capolavoro di Derek Jarman
insieme all'AperiCena!

i forconi, l'Europa e "il colpo di stato di banche e governi"






















La settimana dei forconi e` finita.  Abbiamo visto e udito abbastanza per poter dire che le nostre preoccupazioni espresse due anni fa , in occasione del blocco che a gennaio del 2012 causo` gravissimi disagi in tutta la Sicilia, hanno trovato una triste conferma  negli eventi di questi giorni.

Nel gennaio 2012, all`epoca del primo blocco dei forconi in Sicilia,  al governo si era da poco insediato con la benedizione del colle, un commissario della Troika, Mario Monti,  ed era iniziato un rapido processo  di modifica dell`assetto costituzionale  della repubblica italiana. Con l`introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione e l`adesione ai trattati internazionali come il Fiscal Compact e il Two Pack che attribuiscono alla Commissione un ruolo di guida nelle politiche di bilancio dei singoli stati membri, il governo e il parlamento  avrebbero accettato di fatto il commissariamento della democrazia. Stava avvenendo quello che Luciano Gallino nel titolo del suo ultimo saggio ha definito il colpo di stato di banche e governi 

In questa settimana, mentre la pronuncia della Corte Costituzionale sull`illegittimita` della legge elettorale e l`elezione del rampante sindaco di Firenze a segretario del PD  introducevano elementi potenzialmente destabilizzatori  dell`attuale quadro politico, il governo Letta – Alfano nella nuova versione deberlusconizzata era atteso al voto di fiducia in parlamento.

E` questo il contesto in cui da Torino, a Milano, dalla Puglia al Veneto e` stato consentito  a pochi gruppi organizzati di ultras e di neofascisti  - che hanno trovato qui e la` il sostegno di comitati di protesta locali, come quello degli ambulanti di Torino  portatori di istanze di carattere sostanzialmente corporativo - di intimidire piccoli commercianti, bruciare libri, assaltare camere del lavoro...

Questa volta la Sicilia e` stata solo lambita dalla protesta . Non poteva  essere altrimenti, il 6 dicembre Giuseppe Castiglione da Bronte  poteva esprimere la sua piu` viva “soddisfazione per l`atteggiamento costruttivo di Aias e Forza d`Urto”, le inquietanti sigle degli autotrasportatori siciliani, che avevano annunciato la revoca dell`adesione ai blocchi . Tranquilli, Richichi e Ercolano non sarebbero stati della partita. Ma questo fatto non fa che accrescere i dubbi sulle modalita` con cui il ministro dell`interno Alfano ha gestito questa crisi: non poteva certo permettersi di perdere consenso nel suo feudo elettorale, la Sicilia che era stata letteralmente messa in ginocchio dalla protesta di due anni fa. Cosi` mentre in Sicilia le prefetture annunciavano la linea della tolleranza zero ai blocchi, a Torino avrebbero aspettato tre lunghissimi giorni prima di attuare gli sgomberi.

Nel frattempo Letta ha  potuto proporsi all`opinione pubblica come unico argine contro il caos, mentre il capo del principale partito d`opposizione lanciava appelli ai limiti dell`eversione ai capi delle forze armate, perche` si unissero alla “protesta del popolo”.

Mentre davanti ai nostri occhi si svolgevano questi fatti ,  tra oscure incursioni mediatiche di noti e meno noti personaggi del neofascismo italiano e dei servizi piu` o meno deviati e simpatizzanti quanto surreali cronache della stampa e delle televisioni , si e` notata drammaticamente in Italia un` assenza. L`assenza  di una sinistra forte, autorevole e unita che,  nel rivendicare le ragioni della democrazia e dell`antifascismo, ponesse un argine alle pericolose derive populiste e ai segnali successivi del governo, che ha gia` annunciato  una  svolta nei meccanismi di gestione e  repressione del conflitto sociale.

Da una parte  Vendola, con  interventi al congresso socialista e ammiccamenti al nuovo leader democratico Matteo Renzi, sta conducendo il suo partito, Sinistra Ecologia e Liberta`,  verso un`ipotesi di accordo con il centrosinistra di governo, dall`altra il Partito della Rifondazione Comunista, a  dieci mesi dalla sconfitta elettorale di Rivoluzione Civile,  ha addirittura per la prima volta concluso un congresso senza che fosse eletto un segretario/segretaria  e una segreteria all`altezza del nuovo mutato scenario e delle drammatiche sfide che comporta. Ha prevalso, ancora una volta, la deleteria tendenza all`autoconservazione e all`autoreferenzialita` di un partito, che rischia di morire di settarismo e incapacita` di promuovere un autentico rinnovamento, nelle pratiche e nella composizione dei suoi gruppi dirigenti.

Oggi si tiene a Madrid la giornata conclusiva del congresso del Partito della Sinistra Europea, con la prevista candidatura comune di Alexis Tsipras alla guida della Commissione Europea. Oggi nasce in Europa un fronte comune di forze politiche e sociali, un fronte di opposizione alla Troika e alle politiche di austerita` e di strenuo contrasto alla retorica qualunquista che sta ingrossando dappertutto le fila del neofascimo.

Protagonisti  di questo congresso  sono soprattutto i/le compagni/e spagnoli/e di Izquierda Unida, del Front de Gauche francese, della Linke tedesca e soprattutto i/le compagni/e di Syriza, una forza autenticamente popolare e anticapitalista. In italia siamo ai balbettii di una sinistra incapace di leggere il presente e di organizzarsi per il futuro.

Come ha drammaticamente scritto Marco Revelli, “troppo vol­gare è stato l’esodo della sini­stra, di tutte le sini­stre, dai luo­ghi della vita. E forse, come nella Ger­ma­nia dei primi anni Trenta, saranno solo i lin­guaggi gut­tu­rali di nuovi bar­bari a incon­trare l’ascolto di que­sta nuova plebe”. Speriamo davvero che questa lugubre profezia non si avveri.

mercoledì 11 dicembre 2013

Prosciutti falsi e maiali veri. Il lato perverso della difesa del made in Italy, di Annamaria Rivera


















Ora che si è spenta la protesta della Coldiretti contro “i falsi prosciutti”, provo a proporre un punto di vista che non sia ottusamente specista come quello che è prevalso, unanime, in occasione delle due manifestazioni di coltivatori e allevatori: il 4 dicembre al valico del Brennero e il giorno dopo davanti a Montecitorio.

Per la Coldiretti, per gran parte dei giornali, per lo stesso Carlo Petrini di Slow Food (v. intervista sul manifesto del 5 dicembre), non v’è dubbio che i maiali siano materia prima al pari dei minerali, dei metalli, del legname o, se vogliamo, delle spighe di grano. Che appartengano, insomma, alla categoria del grezzo originario, per usare una formula sinonimica.

Continuano a esserlo anche allorché, nel corso della manifestazione in piazza Montecitorio, compaiono, vivi e vegeti, otto “porcellini” portati dagli allevatori per offrirli “provocatoriamente” in adozione alle istituzioni. Qui la materia prima diviene degna non solo del vezzeggiativo, ma anche di carezze –si tratta pur sempre di cuccioli- da parte degli stessi della Coldiretti. Perfino d’essere adottata, sebbene, dobbiamo ammetterlo, sia raro che si adotti un essere vivente al fine di massacrarlo.

La schizofrenia si materializza oscenamente quando, a poca distanza dagli otto lattonzoli -disorientati, intirizziti, forse terrorizzati- dal palco vengono mostrate cosce di maiale “contraffatte” in quanto made in Germany. Come a consolare i maialini: sì, è il destino che vi attende, ma siate orgogliosi, voi che diventerete invece autentici prosciutti made in Italy.

E’ questo il solo scandalo: che non si sappia da dove venga la merce e dove sia prodotta. Scandaloso non è che, in Italia come altrove, animali tra i più intelligenti, sensibili, evoluti, con competenze nel gioco superiori a quelle di un bambino di tre anni, siano spesso allevati in condizioni da lager, sottoposti a sevizie e torture, infine appesi a testa in giù e sgozzati: in alcuni casi ancora coscienti non solo durante il dissanguamento, ma anche allorché vengono immersi in vasche di acqua bollente per essere spellati più facilmente. Di che indignarsi? E’ la logica della catena di smontaggio, bellezza: il ritmo è talmente frenetico che non si può certo andare per il sottile.

Lo stesso giorno in cui riferiva della manifestazione davanti a Montecitorio, Repubblica.it ospitava un servizio dai toni patetici, corredato con foto commoventi, sulla tragica sorte del maialino Ettore: sfuggito alla donna che si prendeva cura di lui come di altri pets (Ettore coabitava con dei cani), le viene restituito, tagliato a pezzi, da una squadra di vigili del fuoco che intendeva farne banchetto, dopo averlo, si dice, anche catturato e ucciso.

Se si prova a ragionare secondo logica ed etica, la domanda sorge ovvia: forse che il misfatto dei pompieri è più grave di quello di un qualsiasi allevatore di suini o produttore di salumi? In realtà, se si esercita senso critico, apparirà paradossale che individui appartenenti alla famiglia del Sus domesticus possano essere oggetto di attenzione, finanche di affetto –e allora sono “maialini” o “porcellini”- ma solo fino a che non sono catturati dal meccanismo della produzione e del mercato, che li trasforma in materia prima e in merce. E’ la conferma della teoria marxiana del feticismo delle merci, il quale non è solo personificazione delle cose, ma anche reificazione dei viventi.

Come mai questa riflessione è estranea anche alle penne meno grezze? Come mai Slow Food, interessata per vocazione alla prospettiva del bioetico, del sinergico, della sostenibilità, non se ne lascia sfiorare? E come mai neanche un cenno alle dure condizioni di lavoro e sfruttamento degli operai, in molti casi immigrati, che lavorano nel settore dell’allevamento o alla catena di smontaggio degli animali da macello oppure alla trasformazione della “materia prima” in salumi? Per fare un solo esempio, il 30 agosto di quest’anno, Mario Orlando, operaio nel salumificio Scarlino di Taurisano (Lecce), finì i suoi giorni stritolato da un’impastatrice.

Come un qualsiasi maiale.

E’ vero, l’agroalimentare è un settore che risente pesantemente della crisi economica. Secondo una ricerca della Coldiretti, in Italia sono state chiuse quasi 140mila fra stalle e aziende, anche a causa della concorrenza sleale “dei prodotti importati dall’estero e spacciati per made in Italy”.

Ma non sarà che le difficoltà a fronteggiare la crisi siano dovute anche a scarsa capacità d’innovazione?

Com’è noto, nei paesi occidentali, perfino negli Stati Uniti, il consumo di carne è in netta regressione. Cambiano gli stili alimentari, non solo a causa della crisi, e progressivamente si afferma il costume di mangiare vegetariano o vegano. Anche per questo il mercato va restringendosi. E spesso per ridurre i costi di produzione s’intensifica lo sfruttamento dei lavoratori, fino all’instaurazione di rapporti di tipo servile, se non schiavile.

E allora a risolvere il problema non basta la richiesta di un’efficace normativa sulla tracciabilità dei prodotti alimentari. Si dovrebbe guardare lontano, essere capaci di un radicale cambiamento di prospettiva così da concepire produzioni che salvaguardino la vita di umani e non umani.

Si sa: per mantenere gli allevamenti industriali, si utilizza più della metà dei cereali e della soia che si producono nel mondo, sottraendola a popolazioni sottoalimentate o ridotte alla fame (almeno un miliardo di persone). Ammettere che gli animali non umani non sono materie prime o merci, bensì soggetti di vita senziente, emotiva e cognitiva, significa anche porsi nella direzione di un progetto economico, sociale e culturale che abbia come cardini la sobrietà, la redistribuzione delle risorse su scala mondiale, l’uguaglianza economica e sociale, in definitiva il superamento dell’ordine capitalistico.

Annamaria Rivera, da il manifesto

domenica 1 dicembre 2013

PUA Catania come la TAV, inutile e pericolosa speculazione
















Il 25 novembre  il  consiglio comunale di Catania con 23 voti a favore e 1 solo astenuto,  ha approvato le variazioni al Piano Urbanistico Attuativo Catania Sud (PUA), compiendo un ulteriore passo verso  il definitivo via libera al progetto della società Stella Polare, che prevede la cementificazione selvaggia di una consistente fascia costiera del territorio comunale.
A nulla sono servite le deduzioni presentate da Legambiente e dal Comitato No Pua, che segnalavano il forte impatto ambientale del progetto che, se attuato, comporterà la realizzazione di campi da tennis, centri commerciali,  un mega centro congressuale da 5000 posti e addirittura un acquario ancora più grande di quello di Genova in un`area a forte rischio idrogeologico e sismico, come segnalato dall`Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

Una propaganda martellante degli organi di informazione, con in prima fila il principale quotidiano cittadino, che si distingue sempre per il sostegno a questo tipo di operazioni, ci mette di fronte all’ennesimo tentativo di mistificazione della realtà, visto all`opera mille volte quando si tratta di far approvare progetti di opere faraoniche che, mentre devastano e sottraggono all`utilità comune ettari ed ettari di territorio non apportano alcun beneficio di ordine economico e occupazionale alle comunità che li abitano.

Abbiamo già visto all`opera i mistificatori di professione in Val di Susa  con la TAV , “un'opera concepita e progettata in un altro tempo (gli anni '90 del turbo-capitalismo trionfante) e in un altro mondo (quello della globalizzazione mercantile e dell'interconnessione sistemica di un pianeta votato al benessere). Sulla base di previsioni di crescita dei flussi di traffico fuori misura e tendenzialmente illimitate, frutto dell'estrapolazione di un trend contingente ed eccezionale (i tardi anni '80 e i primi anni '90, quando effettivamente la circolazione internazionale e a medio-lungo raggio delle merci subì una brusca accelerazione), rivelatesi poi fallaci” . Sulla base di quelle previsioni , come ha denunciato Marco Revelli in un intervento di pochi anni fa, nel 1997 si ipotizzava un raddoppio delle 10 milioni di tonnellate di merci transitate sulla Torino – Modane in quell`anno, rendendo necessario quindi un aumento della capacità delle linee ferroviarie attualmente in funzione. La realtà è profondamente diversa e ci mostra, come conseguenza della crisi economica, un drastico ridimensionamento dei traffici commerciali tra l`Italia e la Francia, con linee ferroviarie utilizzate al 30% della loro capacità e l`inequivocabile inutilità della TAV.

La stessa cosa si può dire del mega progetto del PUA.  Si prendano per esempio le conclusioni del Rapporto sul Turismo 2012, presentato dall`Osservatorio Nazionale sul Turismo e dalla Banca d`Italia elaborando le statistiche ufficiali dell`ISTAT. Secondo il citato rapporto, in un contesto globale che vede, anche nel settore turistico, la prepotente ascesa dei paesi c.d. emergenti “tra il 2009 e il 2012 si è assistito ad una forte flessione della domanda turistica degli italiani sia in termini di viaggi effettuati che di pernottamenti.”. Tali dati sono ancora meno lusinghieri  per quanto riguarda il turismo d`affari, segmento  a cui sembrerebbe rivolto il mega progetto del Pua con il suo megacentro congressi, come rileva l`Osservatorio sul Business Travel secondo cui il 2012 èstato un anno di fortissime perdite con 1,1 milioni di viaggi in meno nel territorio nazionale.

Stando così le cose  difficilmente si troverebbero privati interessati all`investimento da 500 milioni di euro che rischia di stravolgere il volto delle nostre coste, a meno che non vi siano oscuri interessi che facciano passare in secondo piano le sicure perdite in conto economico che da tale investimento sballato indubbiamente deriverebbero. Ai lavoratori edili colpiti dalla crisi gioverebbe molto di più un piano straordinario per la messa in sicurezza del nostro territorio e degli edifici esistenti, pubblici e privati,  a grave rischio sismico e idrogeologico, mentre per il rilancio turistico della città occorrerebbe una strategia che intensifichi le sinergie fra i piccoli operatori economici, come i titolari dei tanti Bed&Breakfast cittadini, e un`amministrazione attenta alla valorizzazione dell`immenso patrimonio artistico della città e ad un`offerta culturale all`altezza della sua storia bimillenaria.
Ma per questo ci vorrebbero amministratori lungimiranti, non una politica compiacente e complice degli interessi  degli speculatori immobiliari.

circolo città futura

giovedì 28 novembre 2013

violenza sessista: né rigurgito dell’arcaico, né anomalia della modernità
















di Annamaria Rivera

Ora che il femicidio e il femminicidio hanno guadagnato l’attenzione dei media e delle istituzioni, il rischio è che, costituendo un tema in voga, la violenza di genere sia usata per vendere, fare notizia, sollecitare il voyeurismo del pubblico maschile. Un secondo rischio, già ben visibile, è che la denuncia e l’analisi siano assorbite, quindi depotenziate e banalizzate, da un discorso pubblico – mediatico, istituzionale, ma anche ad opera di “esperti/e” –, costellato di cliché, stereotipi, luoghi comuni, più o meno grossolani. Proviamo a smontarne alcuni, adesso che, spentisi i riflettori sulla Giornata internazionale contro la violenza di genere, anche la logorrea si è un po’ smorzata.

Anzitutto: la violenza di genere non è un rigurgito dell’arcaico o un’anomalia della modernità. Sebbene erediti credenze, pregiudizi, strutture, mitologie proprie di sistemi patriarcali, è un fenomeno intrinseco al nostro tempo e al nostro ordine sociale ed economico. E comunque è del tutto trasversale, presente com’è in paesi detti avanzati e in altri detti arretrati, fra classi sociali le più disparate, in ambienti colti e incolti.

Del tutto infondato è il dogma secondo il quale la modernità occidentale sarebbe caratterizzata da un progresso assoluto e indiscutibile nelle relazioni tra i generi, mentre a essere immersi/e nelle tenebre del patriarcato sarebbero gli altri/le altre. Per riferire dati ben noti, nell’ultimo rapporto (2013) sul Gender Gap del World Economic Forum, su 136 paesi di tutti i continenti, le Filippine figurano al 5° posto su scala mondiale per parità tra i generi (dopo Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia), mentre l’Italia è solo al 71°, dopo la Cina e la Romania e in controtendenza rispetto alla maggior parte dei paesi europei.

Eppure non sempre c’è un rapporto inversamente proporzionale tra la conquista della parità di genere e la violenza sessista. Esemplare è il caso della Svezia (ma anche, in diversa misura, della Danimarca, Finlandia, Norvegia). Questo paese, da sempre in prima linea nel garantire la parità fra i generi, tanto da occupare, come si è detto, il 4° posto su 136 paesi, registra un numero crescente di stupri: negli ultimi vent’anni si sono quadruplicati, al punto da interessare una donna svedese su quattro. Ciò dipende non solo dal fatto che il numero di denunce sia aumentato rapidamente quale effetto di una crescente consapevolezza femminile, ma anche da un reale incremento dei casi.

Ancora a proposito dell’Europa e volendo fare un riferimento ormai storico, si può ricordare che un paese come la Jugoslavia, il quale all’epoca si distingueva per un livello alto di emancipazione femminile, di sicuro più elevato che nell’Italia di allora, ha conosciuto nel corso della guerra civile l’orrore degli stupri etnici. Il pene usato come arma per colpire i nemici attraverso i corpi femminili mostra, fra l’altro, la continuità tra l’odio e la violenza “etnici” e la violazione delle donne, finalizzata al loro annientamento: lo stupro nasconde sempre un desiderio o una volontà di colpire l’identità e l’integrità della persona-donna.

Ci sono ragioni varie e complesse che possono spiegare come mai in società “avanzate”, avanzi pure il numero di stupri e femicidi. Per citarne una: non tutti gli uomini sono in grado o disposti ad accettare i cambiamenti che investono i ruoli e la condizione femminile, che anzi spesso sono vissuti come minaccia alla propria virilità o al proprio “diritto” al possesso se non al dominio. La narrazione della virilità è divenuta oggi meno credibile che in passato. E molti uomini appaiono spaventati dalle rappresentazioni e dalle immagini dell’intraprendenza, anche sessuale, delle donne (più che dalla realtà di una loro autonomia effettiva, almeno in Italia, dove è alquanto debole). Questa inadeguatezza della società (maschile) si riflette anche nelle prassi delle istituzioni rispetto alla violenza di genere, spesso tardive e/o inadeguate. Per esempio, in molti casi che hanno come esito il femicidio, le vittime avevano denunciato più volte i loro persecutori.

Tutto questo per dire che il sadismo, la volontà di reificare e/o annientare le donne e gli altri sono all’opera dentro le nostre stesse società, in forme più o meno latenti, finché certe condizioni non ne rendono possibili le manifestazioni palesi. Il sistema di dominazione e appropriazione delle donne (per usare il concetto-chiave della sociologa femminista Colette Guillaumin) tende a colpire – con lo stupro o il femicidio – non solo le estranee o quelle che, come in Jugoslavia, sono state alterizzate e nemicizzate, ma anche le donne con le quali s’intrattengono relazioni d’intimità o prossimità. Basta dire che, su scala globale, il 40% delle donne uccise lo sono state da un uomo a loro vicino. E, per riferirci ancora all’Europa, secondo le Nazioni Unite la metà delle donne assassinate tra il 2008 e il 2010 lo sono state da persone cui erano legate da qualche relazione stretta (per gli uomini lo stesso dato scende al 15%).

Per tutto ciò che abbiamo detto finora, conviene diffidare degli schemi evoluzionisti e dei facili ottimismi progressisti: il pregiudizio, la dominazione e/o la discriminazione in base al genere – come quelli in base alla “razza”, alla classe, all’orientamento sessuale – non sono necessariamente residuo arcaico del passato, segno di arretratezza o di modernità incompiuta, destinato a dissolversi presto. Sono piuttosto tratti che appartengono intrinsecamente e strutturalmente anche alla tarda modernità; o forse dovremmo precisare alla modernità decadente. Per dirla nei termini delle curatrici de “Il lato oscuro degli uomini”, un libro prezioso, appena pubblicato nella collana “sessismoerazzismo” dell’Ediesse, la violenza maschile contro le donne è sia “prodotto dell’ordine patriarcale”, sia “frutto delle moderne trasformazioni delle relazioni fra donne e uomini” (p. 33).

Secondo un altro luogo comune corrente, per contrastare e superare la violenza di genere sarebbe sufficiente un cambiamento culturale, tale da archiviare finalmente i residui della cultura patriarcale e di tradizioni retrive. Una pia illusione: la Svezia può dirsi forse un paese dominato da cultura patriarcale? Insomma, se è vero che la violenza di genere è un fenomeno strutturale, come si ammette, essa è incardinata in dimensioni molteplici. Per dirla in modo succinto, il dominio maschile ha una matrice culturale e simbolica, certamente, ma anche assai materiale. Se ci limitiamo al caso italiano, il neoliberismo, la crisi del Welfare State, l’esaltazione del modello del libero mercato, le privatizzazioni, poi la crisi economica e le politiche di austerità hanno significato per le donne arretramento in molti campi. E arretramento significa perdita di autonomia, dunque incertezza di sé, maggiore subalternità e vulnerabilità.

Certo, in Italia, un contributo rilevante alla reificazione-mercificazione dei corpi femminili lo ha dato la televisione, in particolare quella berlusconiana. Per lo più volgare, sessista, razzista, è stata ed è elemento cruciale dell’offensiva contro le donne e le loro pretese di uguaglianza, autonomia, liberazione. Essa ha finito per condizionare non solo il linguaggio dei politici, sempre più apertamente sessista, ma la stessa struttura del potere politico e delle istituzioni. Per non dire dell’uso dei corpi femminili come tangenti: merci di scambio di un sistema di corruzione ampio e profondo a tal punto da essere divenuto sistema di governo. Ed è innegabile che oggi in Italia vi sia una notevole complicità della società, delle istituzioni, dell’opinione pubblica, perfino di una parte della popolazione femminile rispetto a un tale immaginario e a un simile utilizzo dei corpi femminili.

E allora non c’è niente da fare? Tutt’altro. Ma la questione va declinata anzitutto in termini politici. A salvarci non sarà il recente provvedimento – tipica misura da larghe intese – che affronta il tema della violenza maschile in termini tutti emergenziali (e accanto a misure repressive contro il “terrorismo” dei NoTav, i furti di rame e cose simili). E neppure possiamo illuderci che l’attenzione riservata a questo tema dalle istituzioni e dai media mainstream rappresenti un avanzamento certo e irreversibile. Né compete principalmente alle donne la cura (ancora una volta!) del “lato oscuro degli uomini”. A noi tutte spetta, invece, contribuire a ricostruire una soggettività collettiva libera, combattiva, consapevole della propria autonomia e determinazione. E tale da sabotare l’esercizio del dominio maschile, su qualunque scala e in qualunque ambito si manifesti.


lunedì 18 novembre 2013

italo calvino: l'arte, la musica, l'impegno - incontro, concerto e cena veg letteraria










SABATO 7 DICEMBRE, dalle 20, al circolo città futura (via Gargano 37 Catania), a conclusione del ciclo di eventi dedicati ad Italo Calvino, per il suo 90° anniversario:
-PERCORSI TRA ARTE, MUSICA E IMPEGNO nell'opera del grande intellettuale, interventi di Anna Di Salvo (Città Felice Catania) e Alberto Rotondo (circolo città futura).
-CANTACRONACHE SPERIMENTALE, Gregorio Lui interpreta le canzoni di Calvino.
-LE CITTA' INVISIBILI E ALTRE STORIE, personale fotografica di Alberta Dionisi.
-CENA VEG LETTERARIA "I LUOGHI DI CALVINO, DA CUBA ALLA TOSCANA".

domenica 17 novembre 2013

rassegna cineletterario: "un angelo alla mia tavola"


















Martedì 19 novembre, alle 18, per la rassegna cineletterario al circolo città futura, "Un angelo alla mia tavola", di Jane Campion, trascinante biografia di Janet Frame (1924), la maggiore scrittrice neozelandese vivente, che patì nove anni di manicomio e 200 elettroshock e si salvò dalla lobotomia grazie a un premio letterario. Basata sull'autobiografia in tre parti della scrittrice (Nella tua terra, Un angelo alla mia tavola, L'inviato di Mirror City) è un'opera che, dopo Sweetie e prima dell'acclamato Lezioni di piano, ha reso Campion una dei cineasti emergenti degli anni '90. Film sulla letteratura, notevole per la forte fisicità della scrittura, l'acume psicologico senza concessioni allo psicologismo, l'arte del suggerire soltanto i passaggi esplicativi, la capacità di mostrare i grandi spazi, il rifiuto del binomio romantico di genio e follia. Leone d'argento a Venezia 1990 dove, per molti, avrebbe meritato l'oro.

verso la giornata contro la violenza sulle donne, incontro con Manuela Ulivi - Cadmi






















Verso la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sabato 23 novembre, alle 17,30, presso il salone della Camera del Lavoro di Catania (via Crociferi, 40), "Venti anni d'esperienza tra relazione e professione" incontro, promosso da "La Ragna-Tela: rete catanese di donne e uomini affinché ogni violenza sessista abbia fine", con Manuela Ulivi della Casa delle donne maltrattate di Milano (Cadmi). Intervengono Mirella Clausi, Marcella Giammusso, Biagio Tinghino, Giusi Milazzo. Introduce Anna Di Salvo.

lunedì 11 novembre 2013

catania, il piano di rientro e i suoi costi sociali

















Uno degli ultimi atti amministrativi della disastrosa gestione delle destre del Comune di Catania e` stata l`adozione, con delibera  del 2 febbraio  2013, del piano  di riequilibrio finanziario pluriennale, atto trasmesso nei tempi previsti dall`art. 243 bis del Testo Unico degli Enti Locali alla Corte dei  Conti, che con decisione del 26 settembre 2013 ne ha certificato la congruita`, facendo di questa fondamentale decisione amministrativa l`atto  che condizionera` nei prossimi dieci anni le politiche di bilancio e  le decisioni di spesa che via via l`ente potra` assumere.
Da una parte il Comune  ha evitato la dichiarazione di dissesto, dall`altra si e` impegnato a riportare in equilibrio i propri conti con un piano di rientro decennale  da circa 527 milioni di euro, da recuperare attraverso previsioni di maggiori entrate o minori spese.
Cosi` nei prossimi anni il Comune dovra`, ad esempio, sensibilmente diminuire la propria spesa per il personale, garantire la copertura tariffaria totale per i servizi di nettezza urbana,  dismettere parte del proprio patrimonio disponibile,  magari cedendolo all`apposito fondo costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti, dismettere alcune partecipazioni strategiche e garantire la copertura  tariffaria del 36% dei costi dei servizi a domanda individuale, come ad esempio il fondamentale servizio dei 14 asili nido comunali che la precedente amministrazione addirittura voleva chiudere.
Non si tratta di impegni  di natura discrezionale, ma di obblighi legislativi a cui l`amministrazione non puo` sottrarsi.
Si tratta di un piano che andrebbe sicuramente migliorato, attraverso la previsione di una progressivita` delle contribuzioni in base al reddito, che il sistema della tariffa unica esclude interamente, ma affermare, come qualcuno fa,  che si possa  mantenere il vecchio sistema tariffario o che addirittura si possa ampliare la pianta organica degli educatori e delle educatrici comunali, facendo finta di non vedere che con l`adozione del piano di rientro tutto questo non e` normativamente possibile, significa illudere colpevolmente le lavoratrici e i lavoratori su cui gia` grava il peso insostenibile delle criminali scelte politiche e amministrative  del passato.
Un’alternativa al piano di rientro ci sarebbe, ma passa attraverso la dichiarazione di dissesto la quale, se non cambierebbe di molto i pesi sociali ed economici che tutti i catanesi saranno chiamati comunque a sopportare, avrebbe l`effetto disastroso di bloccare i pagamenti ai creditori dell`ente, privando la gia` depressa economia locale  di risorse indispensabili per qualsiasi ipotesi di rilancio del tessuto produttivo e un conseguente peggioramento delle condizioni materiali  di vita delle cittadine e dei cittadini.
Tuttavia il dissesto avrebbe comunque un “pregio”: determinando di fatto la decadenza e l`incandidabilita` degli amministratori che lo hanno determinato, renderebbe evidente a tutti  e sanzionerebbe la responsabilita` politica di chi in questi anni ha contribuito al saccheggio delle casse comunali per puri interessi clientelari e di potere.
Si tratta di responsabilita` chiare e inequivoche, di cui l`amministrazione Bianco non puo` dirsi immune poiche`, come e` noto, presenta nella sua maggioranza  significativi elementi di continuita` con le  criminali gestioni Scapagnini e Stancanelli e perche` i  partiti che la sostengono sono gli stessi che a Palermo e a Roma fanno parte di coalizioni di governo su cui grava la responsabilita` politica di avere contribuito a soffocare le finanze degli enti locali, rendendo spesso inesigibili i diritti sociali legati ai servizi pubblici essenziali che i comuni dovrebbero garantire.
Quest`ultima affermazione e` supportata da una pur sommaria analisi delle cause che hanno portato il comune di Catania sull`orlo del dissesto, cosi` come certificato dalla stessa Corte dei Conti.
Analizzando la relazione dei magistrati contabili si scopre subito, infatti,  che dei 527 milioni di euro   di cui si compone il piano di rientro, circa 202 milioni di euro  sono dovuti alla pessima gestione delle amministrazioni  del passato ( ai 140 milioni di disavanzo vanno sommati infatti i 62 milioni di accantonamenti per il ripiano dei c.d. residui attivi, crediti di dubbia esigibilita` che nel passato hanno rappresentato la principale voce contabile con cui mascherare la gestione ballerina del bilancio comunale) mentre ulteriori 139 milioni sono dovuti a previsioni di minori trasferimenti erariali, diretta conseguenza delle manovre finanziarie votate dal governo regionale e nazionale.
Come dire che le cause del dissesto sono in gran parte dovute al cocktail micidiale di pessima amministrazione locale e di criminale politica nazionale che, in ossequio ai dikat dei mercati finanziari, rendera` nei prossimi anni quasi impossibile la vita delle comunita` locali e degli enti che le amministrano.
Questa e` la dura verita` che ci raccontano i numeri; alle cittadine e ai cittadini, e principalmente a chi si propone di costruire una seria e responsabile alternativa politica e sociale, spetta il compito di riflettere su di essi e di lavorare affinche` non siano sempre i  soliti noti a dover pagare i costi sociali di questo disastro, senza demagogiche e inutili fughe in avanti e senza  altrettanto colpevoli omissioni delle responsabilita` di chi ci ha portato a questo punto.

circolo città futura

domenica 3 novembre 2013

"le città invisibili", personale fotografica di Alberta Dionisi


































in occasione del 90° anniversario di Italo Calvino, il Circolo Città Futura propone una serie di iniziative dedicate a uno dei più grandi intellettuali italiani.

VENERDì 8 novembre, dalle ore 19.30 al circolo città futura (via Gargano, 37, Catania), inaugurazione della personale fotografica di Alberta Dionisi " LE CITTA' INVISIBILI E ALTRE STORIE".
Intervento musicale di Alessandro Campanella al flauto traverso.
Letture di Mario Bonica da "Le città invisibili" di Italo Calvino.

sarà possibile visitare la personale nei mesi di novembre e dicembre durante i giorni di apertura, in tutte queste occasioni troverete anche una sala VINTAGE con le creazioni di Lukart, il bric-à-brac e una bella selezione di libri.

sabato 2 novembre 2013

falchi, circhi e politica catanese

falco legato e bendato al castello ursino

















La falconeria, ossia l’utilizzo di uccelli rapaci a scopi ludici o venatori, è un’attività esecrabile:  costringere un essere vivente, la cui esistenza dovrebbe naturalmente avere come orizzonte le azzurre e luminose praterie del cielo, a condurre la propria vita tra le scomode gabbie costruite dalla ferocia umana; la vile indifferenza di chi lo sfrutta, spingendolo ad esibirsi per il godimento di un pubblico educato alla stessa indifferenza, è un atto di crudeltà gratuita.
Per questo motivo tale attività è vietata in diversi paesi del mondo, dalla Norvegia alla Danimarca, dall’Australia alla Nuova Zelanda. In Italia la falconeria è stata bandita dalle leggi della regione Sardegna e dalla provincia autonoma di Trento.  In Sicilia, invece, tale attività non soltanto è consentita ma addirittura finanziata da diverse amministrazioni pubbliche, che spesso patrocinano spettacoli ed esibizioni indegni  di un paese civile. Tuttavia, se a Caltanissetta la ferma protesta delle associazioni animaliste e ambientaliste ha comportato l’annullamento delle manifestazioni previste, a Catania per ben due volte lo splendido scenario del Castello Ursino ha fatto da sfondo alla rappresentazione spettacolare della sofferenza e del più bieco sfruttamento degli animali, la cui preziosa esistenza e` stata asservita alla crudele indifferenza di amministratori in cerca di visibilità.
A nulla sono servite le proteste nostre e di Catania Antispecista, che per primi avevamo posto la questione sui social network, e le successive rimostranze dell’ENPA, della  LIPU, del WWF e delle altre associazioni ambientaliste.
Ma vi è un altro aspetto della questione che merita di essere sottolineato, esso attiene alla qualità umana e politica dei nostri amministratori e di  molti di coloro che dicono di voler rappresentare l’opposizione di sinistra alla giunta Bianco. Dal sindaco Bianco -  la cui elezione è stata peraltro supportata da diverse associazioni animaliste e ambientaliste, nella speranza, da molti condivisa,  di voltar pagina dopo un ventennio di disastroso governo delle destre – e dall’assessore Licandro ci saremmo aspettati, come già accaduto a Caltanissetta, una serena ammissione degli errori commessi, seguita dall’annullamento della manifestazione. Dagli altri - che hanno approfittato della nostra campagna contro la falconeria per alimentare la loro sterile, frustrata , opportunistica e fintamente ideologica vis polemica -  francamente non ci aspettavamo nulla.  E infatti nulla hanno detto e fatto per protestare contro lo scempio di civiltà che si stava compiendo davanti ai nostri occhi.
Agli uni e agli altri raccomandiamo per il futuro  maggiore rispetto e attenzione per chi, spesso solitariamente, cerca fattivamente di  cambiare lo stato di cose presenti, non attraverso inutili proclami “rivoluzionari” ma attraverso comportamenti concreti che realizzino il cambiamento, a sostegno delle mille esperienze  di resistenza culturale e politica che pure animano, spesso al di fuori delle tristi  ritualità della politica ufficiale, la vita civile della nostra bellissima e martoriata città.
Nel frattempo invitiamo tutt* a sostenere la petizione, sottoscritta già da migliaia di cittadin*, per chiedere al sindaco un’ordinanza che preveda, come già deliberato  da diversi comuni italiani, il divieto di attendamento nel territorio comunale per i circhi che sfruttano a scopo di divertimento i nostri compagni animali.

circolo città futura


giovedì 31 ottobre 2013

Cartoniadi, chi ha perso? basta operazioni d'immagine, si attui la strategia "rifiuti zero" subito!






















Dopo un'inutile campagna pubblicitaria, i cui cartelloni incomprensibili oscillavano tra la promozione di un'iniziativa sportiva e l'organizzazione di una mostra di fumetti, si sono concluse le cartoniadi, ovvero una poco riuscita trovata basata sul tentativo di creare competizione tra i quartieri sulla raccolta differenziata della carta.
Non sappiamo quale area abbia "vinto", ma crediamo che abbia perso l'intera città: campagna pubblicitaria incomprensibile, nessuna iniziativa concreta di sensibilizzazione, nessun contenitore o luogo di raccolta aggiuntivo, ad esempio in luoghi pubblici. Anche nelle statistiche, si continua a perdere: la Sicilia è l'ultima regione italiana per percentuale di riciclaggio, e Catania si piazza all'ultimo posto nella classifica Ecosistema Urbano appena pubblicata.
Il circolo città futura ribadisce le proprie proposte all'amministrazione  comunale e invita a porre in atto in tempi brevi le tappe della strategia "rifiuti zero". Non serve sprecare carta per inutili operazioni d'immagine, ma un impegno concreto per ridurre costi ed impatto ambientale.

circolo città futura

no sfratti, no service tax! la casa è un diritto per tutt*!












Tante mobilitazioni contro gli sfratti oggi in tutta Italia, in particolare a Roma, in occasione della conferenza stato-regioni, e a Messina.
In tutta la Sicilia urgono immediate misure a sostegno di centinaia di persone che, improvvisamente, si ritrovano senza lavoro e, poco dopo, anche senza casa:
- Nelle grandi città, censimento comunale di tutti gli immobili vuoti o sfitti;
- Utilizzo del fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli previsto dall’articolo 6 del decreto IMU;
- Utilizzo di fondi europei per il riuso del patrimonio pubblico da destinare all’edilizia popolare;
- Blocco degli sgomberi e degli sfratti generalizzato!

a centrocontemporaneo "voci dal fondo del mediterraneo", di centro sperimentale keré teatri differenti







SABATO 2 novembre, in occasione della seconda giornata di Centrocontemporaneo a piazza Manganelli e dintorni, alle ore 19 e alle ore 22, presso palazzo Trigona, in via Montesano,
VOCI DAL FONDO DEL MEDITERRANEO, da un progetto-laboratorio contro il reato di clandestinità del Centro Sperimentale Kerè teatri differenti.

Con Mario Bonica, Benedetto Caldarella, Filippo Manno, Elena Rosa, Cinzia Insinga…

Installazione video di Aldo Kappadona.

Impianto scenico e costumi di Concetta Rovere.

Testi da: Randagio Clandestino e dall’omonimo volume di testi poetici degli allievi della scuola media Tomasi di Lampedusa di Gravina di Catania

Un cerchio dentro cui “galleggiano” frammenti di vita: foto, giocattoli, scarpette, lettere. Fuori dal cerchio sei figure in nero di spalle che guardano un immaginario orizzonte. Rumore d’acqua e di battelli, voci indistinte che parlano, che cantano, che tacciono (forse per sempre). Tutto lo spazio è “in fondo al mare”: si intravvedono volti o mani trasportati dalle correnti marine. Nient’altro… e i sei personaggi in nero raccontano qualcosa all’orizzonte immaginario, a una terra a cui non approderanno.

Sono in fondo al mare
Sola
Una voce mi culla.
Il mare
Non voleva farmi del male
E mi abbracciava
Era una voce di donna
Melodiosa
Dolce
Mi consolava
Ma i bambini non erano con me

mercoledì 30 ottobre 2013

sinistra, un passo oltre la palude, di Alberto Burgio






















SINISTRA
Un passo oltre la palude

Alberto Burgio - il manifesto

Tanti discorsi, tante polemiche, sempre più uguali a se stessi. Da quanto tempo? Almeno da vent'anni, il tempo della lenta agonia della sinistra italiana (e non soltanto). Ora il dibattito impazza - che novità - sulla legge elettorale, con gli ultimi proclami del sindaco di Firenze contro il proporzionale degradato a fabbrica di ammucchiate. E sulla povera Costituzione del '48, non abbastanza sfigurata e tradita. Della quale si intende abbattere il presidio procedurale, come se non fosse proprio quella la prima regola da salvaguardare, come se non incombesse il rischio di creare il più velenoso dei precedenti, che già domani altri potrebbe legittimamente invocare per la spallata definitiva.
Oppure si parla della crisi e delle sue conseguenze rovinose per milioni di individui, che sono poi le rovinose conseguenze di questa forma di società, in cui il pubblico è rigorosamente asservito al privato. Fingendo - tutti: dal presidente della Repubblica all'ultimo cronista - di ignorare che la crisi non è un'anomalia o un incidente di percorso, ma il prodotto più tipico del meccanismo che presiede alla riproduzione del modello. Nella fattispecie, del fallimento di finanziarie e banche specializzate nella speculazione sulla pelle degli ultimi e poi salvate a spese dello Stato, con la più spettacolare socializzazione delle perdite private che la storia del capitalismo ricordi. Se non ci fosse stata, la si sarebbe dovuta inventare questa crisi. Occasione preziosa per assestare alle masse degli ignari e dei subordinati l'ennesimo colpo basso e per inchiodarle alla colpa di «aver vissuto al di sopra delle loro possibilità». Di qui il lasciapassare per altri colossali saccheggi attraverso la leva fiscale, le privatizzazioni, i nuovi tagli al reddito e ai diritti sociali, l'aumento dell'orario di lavoro, l'abbattimento dei diritti e delle tutele, la riduzione dell'occupazione...
Si dice da più parti, simulando pensosa solidarietà, che mai la politica è stata tanto distante dalla vita reale, dai problemi, dalle ansie e dalle difficoltà dei più. E intanto si continua come niente fosse a sfornare minacce travestite da promesse. Ormai la "gente" non sa più che pensare, è sin troppo evidente. C'è chi ancora crede in qualche grillo parlante, che minaccia e lusinga. Chi, nauseato, ha staccato la spina. Chi magari seguita a onorare antiche appartenenze, più per omaggio al proprio super io che per convinzione. Ma è evidente, ogni giorno di più, che non c'è partita. La cosiddetta politica viaggia alla velocità di un accelerato. La crisi - che è sociale e delle istituzioni; morale e della speranza; economica e delle relazioni tra le persone - a quella di un meteorite. Non sono Cassandre quelle che ripetono che stiamo seduti su una santabarbara. È la pura verità. Di questo passo, o salta in aria l'euro o salta in aria direttamente l'Europa. E sarà l'inizio di un domino inarrestabile. E non sono Cassandre nemmeno quelle che mettono in guardia dalla marea montante dei populismi. Il ventre delle nostre società ribolle di pulsioni retrive. La politica ha rinunciato da decenni a civilizzarle. Da quando si è assegnata il compito di aprire la strada al mercato, che della civilizzazione non sa che farsene, anzi la vede come il fumo negli occhi.
Per questo servirebbe, oggi più che mai, uno scatto, un gesto che interrompesse finalmente questa litania di formule stanche e squarciasse il velo dell'ipocrisia. Non è vero che non si sappia che cosa si debba e si possa fare, che cosa milioni di persone desiderano, sentendo che si tratta dei loro diritti violati. Molti professionisti della politica - molti di quelli che si pensano in qualche misura di "sinistra", ovunque collocati - sanno ancora bene di che cosa si tratta. Come lo sapevano i loro predecessori fino a un passato tutto sommato recente, se è vero che questo paese ha saputo malgrado tutto camminare lungo una strada di sviluppo civile sino ai primi anni Ottanta. Contrastato, ma civile. Riuscendo a combattere contro poteri arcaici radicati.
Redistribuire la ricchezza, in primo luogo. Perché l'Italia è ancora molto ricca, solo sempre più ineguale e ingiusta. Tornare a programmare sviluppo, spesa produttiva e investimenti, cosa che solo il pubblico può fare all'altezza delle necessità di un paese in declino. Puntare su un grande programma di piena occupazione per la manutenzione del territorio e delle città, per il rilancio della scuola e dell'università pubblica, della sanità pubblica, dei servizi alla persona, delle infrastrutture materiali e immateriali. E per questo farla finita, una volta per tutte, con lo scandalo assoluto di un gigantesco furto perpetrato a danno del fisco da grandi evasori ed elusori che invece la politica coccola e remunera, pagando con gli interessi (quanto incide il servizio del debito sulla crescita esponenziale del debito stesso?) ciò che sarebbe dovuto in forma di imposte su grandi patrimoni, profitti e rendite. Non è vero che non si sappia tutto questo. Basta frequentare un qualsiasi gruppo, leggere qualsiasi rivista, seguire qualsiasi convegno che la sinistra promuove da anni a questa parte per toccare con mano importanti convergenze di analisi e propositi. E non è nemmeno vero che non lo si potrebbe fare, se lo si volesse. Pur in presenza dei vincoli iugulatori europei, di cui peraltro l'Italia potrebbe imporre la riscrittura. E comunque non è vero che - se ci si battesse con coerenza, a viso aperto per un programma di questo genere - nulla cambierebbe nello stagno della politica italiana. È vero il contrario. Si determinerebbe un terremoto, che spazzerebbe via nani e ballerine, sepolcri imbiancati e profeti di finti tsunami.
Quel che è mancato sinora è il coraggio. E la generosità. Ed è questa la maggiore responsabilità di chi - capopartito, capocorrente o capopopolo - potrebbe dire basta una buona volta a questo stato di cose, e muoversi senza riserve per innescare un processo che basterebbe poco a mettere in moto. Ci sono oggi dieci, forse quindici persone in Italia - inutile fare i nomi - che avrebbero, per ruolo o per virtù personali, la possibilità di produrre una rottura nella tendenza verso l'agonia del paese. Che potrebbero, insieme, trasmettere al paese il messaggio di fiducia e di determinazione di cui c'è urgente bisogno. Mettendo da parte calcoli di bottega e cure personali. E scommettendo sull'immenso patrimonio di forze, di intelligenze, di risorse morali che il popolo della sinistra italiana, oggi disperso e depresso, ancora possiede.

lunedì 28 ottobre 2013

vent'anni di Città Felice a Catania, martedì 5 novembre "e ora è festa!"
















Vent'anni di presenza femminile e amore per Catania che hanno segnato la Città con iniziative, elaborazioni, pubblicazioni, creazioni artistico-performative, nel segno del pensiero e della pratica politica delle donne e di uomini che ne hanno riconosciuta l'importanza. Presenza caratterizzata anche dal lavoro serrato in alcuni quartieri a partire dalle relazioni con le donne e gli uomini che li abitano per impedire scempi e speculazioni ma anche per sottolinearne la bellezza!

Martedì 5 novembre 2013 alle h. 17 nella prestigiosa cornice del palazzo della Cultura di Catania, (via Vittorio Emanuele 121) alla sala Conferenze del primo piano, per godere degli interventi artistici, musicali, visivi e poetici che insieme ad alcune testimonianze, narreranno la storia della Città Felice a Catania. Inoltre saranno con noi per festeggiare e darci forza, anche alcune amiche della rete delle Città Vicine provenienti da varie parti d'Italia...

dopo le h. 19 la festa continua alla CGIL (via Crociferi 40), con l'inaugurazione della mostra collettiva-itinerante: "Lampedusa porta della vita" a cura delle Città Vicine e dell'associazione "Colors Revolutions" di Lampedusa che rimarrà esposta per la durata di una settimana.
Il tema “Lampedusa porta della vita” fa riferimento ed esprime la drammaticità e la felicità di donne e uomini migranti quando in lontananza intravedono la Porta di Lampedusa quale salvezza e accesso a una nuova vita. E’ questa un’ emozione che vede partecipi anche le donne e gli uomini abitanti l’isola, in un’inter-azione di desideri, curiosità, perplessità e bellezza tra chi arriva e chi accoglie. Intrecci di relazioni e scambi che Lampedusa da sempre ha favorito grazie alla sua posizione geografica e alla sua vocazione all’ospitalità.


venerdì 25 ottobre 2013

La bimbetta bionda, i rom, e la sindrome della “razza ariana”






















di Domenico Stimolo

Da diversi giorni è impazzata in prima pagina su tutti gli organi di informazione italiani la vicenda della bimbetta bionda trovata in Grecia assieme a “genitori” rom.
Poi, ieri, su Rai tre nella trasmissione “ Chi l’ha visto”, l’apoteosi della notizia.
Non sappiamo, a meno di appropriate ricerche, come sia stata trattata la questione nei tanti e vari paesi europei…..per lasciare il resto del mondo.
Perché tanto scalpore?
L’Europa, vecchia e nuova, ha oltre 600 milioni di abitanti. Chissà quanti casi di “clamore”, politici, sociali, di cittadinanza, si succedono quotidianamente.
Eppure nei nostrani organi di informazioni per la stragrande parte tutto tace. Nel bene e nel male.
Non si parla proprio di nulla. Silenzio!
Poi, all’improvviso, tutto “esplode”.
La fonte, dalla quale poi roboticamente tutti enfaticamente si accodano, afferma che i capelli biondi ( con le treccine) della bimbetta non si addicono al popolo rom.
Poiché è ben noto che questi sono tutti “ brutti, sporchi e per lo più, nella carnagione, più ricadenti verso il colore scuro “.
Sulla “scoperta” si è innescato un enorme scalpore, un grido di fattura “manzoniana” si innalza forte verso il cielo……..”rubano i bambini”.
Scandalo, orrore!
E dagli ai Rom.
Che sia il vecchio “sonno”, ben coltivato e propagandato in quest’ultimo ventennio sotto mentite spoglie, quello della “razza ariana”, offesa, che fa sgorgare tanto clamore, e che  dalle melme più riposte, emerge, con tanta gratuita scientificità?
Può anche essere che la bimbetta non sia figlia dei genitori rom.
Ebbene, questo giustifica il cotanto rumore?
Dicono le fonti che nel mondo oltre sei milioni di bambini spariscono annualmente.
Un vero e proprio rapimento di massa, per scopi tutti  delinquenziali ed “ inconfessabili”.
Eppure, nulla si sa, da parte dei nostri organi informativi, su questo, quello, e quell’altri ancora.
Ci vorrebbe proprio un lunghissimo tempo per illustrare l’infame questione che riguarda i quattro punti cardinali del nostro mondo.
Eppure, sul “biondo” si innesca una babele.
Già, chissà perché?
Basterebbe guardare all’interno di “casa nostra” per avere vari motivi di idonea informazione.
Dall’inizio dell’anno oltre 500 minori, profughi e rifugiati, sbarcati in Sicilia, sono scomparsi dai “Centri di accoglienza”.
Sì, spariti, ufficialmente nessuno è in grado di dare notizie.
Dopo gli ultimi drammatici naufragi nel Mediterraneo, diversi bimbetti/e, scampati alla morte, si trovano nei “Centri di accoglienza” siciliani.
Si trovano nella fascia d’età tra uno e quattro anni.
A parte nelle cronache locali, nessuno ne parla.
Non hanno nome. Non riescono ad esprimersi.
Però, nessuno ne parla. Forse perché non sono “biondi”, e ben si sa che non provengono da famiglie Rom?

la disumana sanità crocettiana














"Affido a Lucia Borsellino il difficile compito di rinnovare e umanizzare la sanità, proseguendo il lavoro che ha compiuto come dirigente dell'assessorato alla Salute". Con queste parole Crocetta presentava un anno fa l'attuale assessore regionale... ed ecco, infatti, uno dei modi per "rinnovare" ed "umanizzare" la sanità siciliana: un vero e proprio atto di barbarie, che colpisce i soggetti più deboli e svantaggiati, obbligandoli a versare il proprio già scarno assegno di accompagnamento all'ASP per tentare di continuare ad essere assistiti nei centri di riabilitazione. Immaginiamo già che la risposta dell'assessorato sarà adornata di termini come "efficacia ed efficienza" e magari "trasparenza", com'è tipico del vocabolario crocettiano, ma non ci stiamo e non lasceremo sole le persone invalide e le loro famiglie nella richiesta immediata di ritiro del decreto!

Riceviamo da Rita D'Amico:
"Con mia grande sorpresa, e penso anche di molte altre famiglie, ho appreso che con decreto regionale del 2 settembre 2013 la Regione ordina che i soggetti invalidi dovranno versare il proprio assegno di accompagnamento all'ASP, per avere diritto ad essere ancora assistiti dai centri di riabilitazione, di cui mio figlio fa parte, in virtù della compartecipazione in seno alle norme per il riordino delle spese del Servizio Sanitario Regionale...Grazie assessore Borsellino, grazie presidente Crocetta, la vostra sensibilità verso chi ha già avuto la sfortuna di nascere svantaggiato è veramente lodevole...come sempre a pagare sono i soggetti più deboli... "

DECRETO 2 settembre 2013.
Compartecipazione ai costi delle prestazioni riabilitative
psico-fisiche-sensoriali in regime semiresidenziale e residenziale.

L’ASSESSORE PER LA SALUTE

Visto lo Statuto della Regione;
Visti gli articoli 8 quinquies e sexies del D.lgs n. 502/92
e s.m.i. di riordino della disciplina in materia sanitaria,
emanato a norma dell’art. 2 della legge delega n. 421/92;
Visto l’accordo attuativo del Piano previsto dall’art. 1,
comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 111 ed il
Piano di rientro, di riorganizzazione, di riqualificazione,
di individuazione degli interventi per il perseguimento
dell’equilibrio economico del servizio sanitario regionale
sottoscritto dal Ministro della salute, dal Ministro dell’economia
e delle finanze e dal Presidente della Regione in
data 31 luglio 2007 successivamente approvato dalla
Giunta regionale della Regione siciliana con delibera n.
312 dell’1 agosto 2007;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 14 febbraio 2001, recante “Atto di indirizzo e
coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 29 novembre 2001, recante “Definizione dei
livelli essenziali di assistenza”;
Vista la direttiva allegata al decreto n. 1174 del 30
maggio 2008, riguardante nuove disposizioni concernenti
i “Flussi informativi” così come modificato dal D.A. del 30
settembre 2008;
Vista la legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, recante
“Norme per il riordino del servizio sanitario regionale” ed
in particolare l’articolo 25, comma 2;
Vista la circolare n. 1266 del 2 marzo 2010, che ha
adottato il nuovo schema di convenzione tra le aziende
sanitarie provinciali e le strutture riabilitative ex art. 26,
legge n. 833/78;
Visto il decreto 4 agosto 2010, con cui sono state rideterminate
per gli anni 2010-2012 le rette dei centri di riabilitazione
ex art. 26, legge n. 833/78;
Visto il parere prot. n. 225-P del 23 ottobre 2012, con
il quale tra l’altro il Tavolo ministeriale di verifica rappresenta
che la mancata definizione della quota di compartecipazione
per i trattamenti di mantenimento/lungo assistenza
dei pazienti disabili in regime residenziale e semiresidenziale
costituisce condizione di inadempienza LEA
e richiama l’Amministrazione ad una compiuta applicazione
delle previsioni in materia di cui al D.P.CM 14 febbraio
2001;
Ritenuto doversi procedere conseguentemente alle indicazioni
ministeriali alla introduzione delle forme di compartecipazione
per i trattamenti di mantenimento/lungo
assistenza per i pazienti disabili in regime residenziale e semiresidenziale
erogati dai centri di riabilitazione;

Decreta:
Art. 1
Ai sensi di quanto previsto dalla tabella A – Prestazioni
e criteri di finanziamento allegata al DPCM 14 febbraio
2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni
socio-sanitarie” la misura della retta che le aziende
sanitarie provinciali corrisponderanno a decorrere
dalla pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta
Ufficiale della Regione siciliana ai centri di riabilitazione
convenzionati per le prestazioni sanitarie riabilitative ex
art. 26 della legge n. 833/78 erogate in regime residenziale
e semiresidenziale è la seguente:
Tipologia di prestazione RETTA Quota a carico Quota a carico del SSR del Comune
internato 113,00 79,00 34,00
internato grave 148,00 104,00 44,00
seminternato 68,00 48,00 20,00
seminternato grave 90,00 63,00 27,00

Art. 2
La retta dovrà essere corrisposta interamente dalla
ASP al centro di riabilitazione convenzionato.
L’ASP provvederà successivamente a rivalersi nei confronti
del comune di residenza dell’assistito per il recupero
della quota a carico dell’ente locale. I soggetti invalidi
civili beneficiari di “assegno di accompagnamento” sono
tenuti alla corresponsione dell’assegno medesimo mentre
la restante parte della quota di compartecipazione rimane
a carico del comune.

Art. 3
Il presente decreto sarà inviato alla ragioneria centrale
dell’Assessorato della salute per la registrazione e successivamente
alla Gazzetta Ufficiale dell 4 ottobre 2013.

domenica 20 ottobre 2013

Italo Calvino, dalla favola alla tavola: dibattito e cena vegletteraria










in occasione del 90° anniversario di Italo Calvino proseguono al circolo città futura le iniziative dedicate a uno dei più grandi intellettuali italiani.
dopo la bella serata con il cineletterario (Il cavaliere inesistente è ora disponibile on line),
SABATO 26 ottobre, dalle ore 19,30, al circolo città futura (via Gargano, 37, Catania)
DALLA FAVOLA ALLA TAVOLA: PERCORSI LETTERARI E GASTRONOMICI NELLE OPERE DI ITALO CALVINO. interventi di Dario Stazzone, Chiara Platania.
CENA VEGAN LETTERARIA con le ricette della narrativa di Calvino.

no al circo con animali! lettera alle scuole e ai comuni

SPECISMO è RAZZISMO!






















La presente lettera verrà spedita a tutte le scuole e a tutte le amministrazioni comunali della provincia catanese corredata dalle firme di associazioni e singoli cittadini. Sottoscrivete in tanti entro domani! La lettera dev'essere inoltrata subito! Giovedì 24 ottobre il circo di Viviana Orfei inizia gli spettacoli alla Playa di Catania. BOICOTTARE E' UN DOVERE CIVICO!

MA CHE FINE HANNO FATTO I PAGLIACCI DEI MANIFESTI DI UN TEMPO? VUOI VEDERE CHE SONO STATI MANGIATI PER SBAGLIO DAL POVERO LEONE BIANCO O DALLA TIGRE ROSA GIALLA E BLU IN CRISI DI IDENTITA’?

Fino a pochi anni addietro l’arrivo di un circo in città era preannunciato da grandi manifesti colorati da cui un bel faccione di clown sorrideva a grandi e piccini, promettendo allegria e ingenue risate. Erano i pagliacci la grande attrazione del circo e poi i giocolieri, gli uomini e le donne volanti sui trapezi, l’emozione di uno spettacolo antico in cui c’erano “anche” il leone o l’elefante indiano, c’erano “anche” gli animali. Ma la vera grande attrazione per i bambini erano loro: i pagliacci! Oggi nei manifesti dei circhi il faccione del clown è letteralmente scomparso: unica “merce” esposta a grandi e piccini dai grandi manifesti affissi anche negli spazi non autorizzati sono loro, leoni e tigri bianchi e rosa, l’ippopotamo più grande del mondo, tutti in primissimo piano, a testimoniare la barbarie e la voglia immorale di far divertire i nostri bambini sulle sofferenze di animali costretti in gabbia e sottoposti ad addestramenti che ne snaturano la loro natura e offendono la dignità di quei poveri animali e degli esseri umani che corrono ad ammirare le meravigliose creature della savana con lo stesso spirito con cui qualche secolo addietro si accorreva nelle piazze ad ammirare e a ridere dei selvaggi con la pelle nera importati dall’Africa per essere venduti come schiavi. La logica di chi sta ammazzando lo spettacolo del circo dall’interno è semplice e funzionale al teppismo di massa a cui vengono da decenni “diseducati” i nostri figli e le nostre figlie dai media e dai modelli consumistici: chi volete che sia ancora così ingenuo da ridere dei lazzi dei clowns o delle torte in faccia? Chi pensate che possa ancora emozionarsi a guardare col naso in su gli angeli del trapezio? Ci vuole la belva feroce, ma non semplicemente il leone che salta l’anello di fuoco, ora il leone dev’essere bianco e non basta più nemmeno l’elefante che si regge su una zampa; ora ci vuole l’animale più esotico che esista, ci vuole l’ippopotamo più grande del mondo costretto a muoversi in una vasca da bagno, perché sarà proprio lo spettacolo dello snaturamento di un essere senziente a suscitare la curiosità e il divertimento di grandi e piccini. Ora il pubblico riderà unicamente della feroce tigre che si comporta come un gattino d’appartamento, riderà della giraffa costretta a muoversi in uno spazio totalmente estraneo ai suoi bisogni d’animale selvatico e che magari domani tenterà inutilmente di fuggire a un destino infame per morire di crepacuore in mezzo al traffico cittadino… Questa è l’etica dei circhi che in questi giorni stanno invadendo le piazze di tante città etnee invitando grandi e piccini a ridere della violenza perpetrata a danno di creature innocenti. Ecco allora che non è assolutamente giustificabile la scelta che operatori scolastici e genitori poco sensibili ai problemi educativi e di formazione dell’infanzia potrebbero compiere in questi giorni accettando l’invito dei circhi-zoo a portare intere scolaresche ad assistere allo spettacolo più antieducativo del momento. Ecco dunque il perché dell’invito che tanti esponenti della SOCIETÀ CIVILE (non solo animalisti, ma sottolineo, SOCIETÀ CIVILE) oggi inoltriamo a dirigenti scolastici e docenti della scuola dell’obbligo, agli amministratori delle città impegnati nel difficile compito di rendere i nostri territori meno violenti e più vivibili per tutti, affinché non accettino di sporcare le coscienze dei nostri figli con la barbarie del circo con animali.

Mario Bonica per Catania Antispecista.

(il circolo città futura aderisce all'iniziativa)

mercoledì 16 ottobre 2013

italo calvino, il cavaliere inesistente

in occasione del 90° anniversario di Italo Calvino, il circolo città futura promuove una serie di iniziative per ricordare il grande intellettuale e le sue opere. dopo "cineletterario", di cui riproponiamo qui il film "il cavaliere inesistente", il prossimo incontro "dalla favola alla tavola, percorsi letterari e gastronomici nelle opere di Italo Calvino", si terrà sabato 26 ottobre, a partire dalle 19,30, insieme alla cena veg letteraria con le ricette della narrativa di Calvino.




 IL CAVALIERE INESISTENTE - DAL ROMANZO DI ITALO CALVINO 1970, 97 minuti REGIA: Pino Zac SCENEGGIATURA: Pino Zac, Tommaso Chiaretti film con disegni animati e ATTORI: Pilar Castel, Marina Fiorentini, Adriana Facchetti, Tony Ere', Stefano Oppedisano, Rita Oriolo Forzano, Dina Perbellini, Rita Perego, Rosabianca Scerrino, Lana Ruzickova, Nunu' Sanchioni, Evelina Vermigli Gori Una stravagante, originalissima fiaba, ricca di fantasia e di umorismo, nella quale l'elemento realistico si fonde perfettamente con le gustose parti animate. Gradevoli i colori, indovinato il commento musicale. Al seguito di Carlo Magno in lotta contro i saraceni, appare un giorno uno strano cavaliere: tutto quel che esiste di lui è una armatura vuota che cammina e una voce che esce da un corpo che non c'è. Sorti dei dubbi sulla legittimità del suo titolo, Agilulfo - questo è il nome del cavaliere - parte per la Scozia, alla ricerca di una nobildonna, Sofronia, in grado di provare la regolarità della sua investitura. Follemente innamorata di lui, una paladina, Bradamante, cerca di raggiungerlo, inseguita a sua volta da uno spasimante, Rambaldo, mentre in Scozia è diretto anche Torrismondo, un aspirante paladino che ha bisogno di dimostrare la nobiltà delle proprie origini. Accade però che i tre si smarriscano, finendo nelle più diverse direzioni, mentre Agilulfo è costretto, sulle tracce di Sofronia, a recarsi dalla Scozia in Marocco, dove finalmente ritrova la sua donna presso il sultano. Riuscito a strapparla a costui, la conduce dov'è ad attenderlo Carlo Magno, nascondendola, per la notte, in una grotta. Qui la scova, però, Torrismondo, che la porta con sé, per cui Agilulfo, non potendo provare di essere stato regolarmente investito, perde l'unica possibilità di esistere. In compenso, rivestitosi dell'armatura ormai inerte di Agilulfo, Rambaldo trova finalmente l'amore di Bradamante.

mercoledì 9 ottobre 2013

vegan party, venerdì 11 ottobre una grande festa per la liberazione di tutt* gli esseri viventi


































Venerdì 11 ottobre, VEGAN PARTY duemilatredici, al cortile cgil, via crociferi, 40, Catania.
Una bellissima serata di festa per la liberazione di tutt* gli esseri viventi!
Tanta musica live con Banda Oriental, Paolo Capizzi, Valerio Cairone e Giorgio Maltese, Gregorio Lui.
All'OSTERIA VEGAN potrete gustare un piatto misto con tante specialità a soli 5 euro... non mancate!


Lampedusa, appello per l'apertura di un canale umanitario


















Lampedusa, le parole non bastano più. Ma dobbiamo trovarle per almeno due motivi: per gridare vergogna a coloro che hanno approvato le politiche di contrasto dell'immigrazione, tra cui Napolitano, Bossi, Fini e Alfano, e per pretendere subito il diritto di asilo europeo e l'apertura di un corridoio umanitario.
 FIRMA L'APPELLO!

Ma, come è stato possibile?
di Domenico Stimolo

Ma, come è stato possibile, che questo paese, reduce dalle leggi razziali, rinato dalla Resistenza, con la Costituzione detta la più bella del mondo, con sede secolare del Vaticano ( centro “ideologico” dell‘altruismo) si perseguano materialmente e penalmente, privati della libertà,  esseri umani,  timbrati ”clandestini”?
Ma, come è stato possibile, che cittadini originari del luogo vengano incriminati penalmente se scoperti ad aiutare gli umani detti “clandestini”,in terra e in mare, pur in situazioni di perigliosi salvataggi.
Ma, come è stato possibile, che uomini e donne siano stati riconsegnati, come ancora avviene, agli aguzzini tiranni che ne martoriavano le carni e la vita, in dileggio al comando istituzionale che impone il diritto di asilo allo “straniero”, al quale "sia impedito nel suo paese di origine l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, garantite dalla Costituzione italiana”.
Ma, come è stato possibile che i rifugiati nel loro percorso di presenza in Italia per avere il riconoscimento dello status devono aspettare anche 18 mesi, chiusi in luoghi recitati con le sbarre,  poi abbandonati, di fatto, in strada.
Ma, come è stato possibile che centinaia di migliaia di nati in Italia non possono avere i requisiti di cittadinanza, considerati “figli di nessuno”, valutati impuri alla stirpe, altrimenti detta razza.
Già, come è stato possibile!
Eppure, ancora sono tra noi una” rappresentanza” di coloro che portano nelle carni, nella mente e nel cuore le “stimmate” della Libertà.